Rovigo, bambino morto. Madre a processo

La donna deve rispondere di maltrattamenti davanti alla corte d’Assise. Caduta l’accusa di omicidio

Il piccolo è morto nel febbraio del 2016

Il piccolo è morto nel febbraio del 2016

Rovigo, 9 novembre 2019 - Si è aperto ieri il dibattimento, di fronte alla Corte d’Assise, nei confronti di una mamma alla quale è morto un figlio di nome Daniel, il 5 febbraio 2016. Ana Plamadela, 30 anni, moldava ma residente a Rovigo, è imputata di maltrattamenti nei confronti del figlio, aggravati dal fatto che il decesso sarebbe stato causato proprio dal trattamento subito dal piccolo.

La chiusura delle indagini è di un anno fa. Entrambi i genitori della vittima, che all’età di 9 mesi era caduta in casa a Rovigo il 23 gennaio 2016, fino a 3 anni fa erano indagati per omicidio. Due anni dopo il padre è uscito completamente dal procedimento mentre la madre è accusata di maltrattamenti.  Il pubblico ministero Maria Giulia Rizzo sostiene l’accusa di fronte all’Assise. Si tratta di un caso che ha ereditato da Davide Nalin che da circa due anni non fa più parte della procura rodigina. Lo stesso Nalin nel dicembre del 2016 aveva riqualificato l’ipotesi di reato modificando l’imputazione in maltrattamenti contro familiari.

Secondo le ricostruzioni degli inquirenti un sabato sera di fine gennaio il piccolo Daniel sarebbe stato vittima di una caduta dal seggiolone nell’appartamento rodigino dove viveva con i genitori. La madre aveva chiamato il 118 ed era arrivata l’ambulanza.

Prima c’era stato il ricovero all’ospedale di Rovigo. La mattina successiva, invece, il bambino era stato portato a Padova con l’elicottero dove era stato ricoverato in terapia intensiva. Era stato poi anche operato ma nei giorni seguenti non ci sono stati miglioramenti e la morte è arrivata il 5 febbraio 2016.

Secondo l’accusa la mamma avrebbe maltrattato il figlio scuotendolo, il piccolo sarebbe morto per arresto cardiaco da instabilità cardiocircolatoria conseguente ad un gravissimo e diffuso danno encefalico su base traumatica. Il procedimento si trova in una fase intermedia, le indagini sono chiuse ma il pubblico ministero non ha ancora firmato la richiesta di rinvio a giudizio dell’indagata. 

In processi come questo, dove solo i genitori erano presenti con il figlio, hanno un peso rilevante le perizie firmate dai professionisti consulenti del tribunale e le testimonianze degli stessi genitori. In questo caso le posizioni di padre e madre, che inizialmente risultavano entrambi indagati per gli stessi reati, sono diventate molto diverse. La madre del piccolo è ancora ritenuta responsabile dalla procura rodigina, il padre no. Ma i due convivono ancora, nel frattempo hanno avuto una bambina e ieri il marito e la suocera dell’imputata l’hanno difesa dicendo che il piccolo non era mai stato maltrattato, nonostante fossero testimoni dell’accusa.