Rovigo, fuga dagli ospedali. Mancano 50 medici

I sindacati: "Problemi annunciati", la direzione Ulss: "Banditi i concorsi"

Medici all'interno di una sala operatoria

Medici all'interno di una sala operatoria

Rovigo, 19 settembre 2018 - C’è carenza di medici negli ospedali pubblici della provincia di Rovigo. Non è un problema esclusivamente locale, le condizioni sono simili a quelle delle altre province venete. Ma proprio in questi giorni l’argomento è caldo, d’attualità. I rappresentanti sindacali si sono recentemente incontrati con la direzione. Un quadro descrittivo che congeli con chiarezza la situazione polesana attuale non è ancora uscito con i crismi dell’ufficialità. Ma ai tavoli delle tabelle sono state analizzate e quindi dei numeri hanno cominciato ad uscire.

Secondo i dati forniti dal direttore sanitario Edgardo Contato la programmazione attuale prevederebbe circa 500 medici mentre in servizio ce ne sono attualmente circa 445. Quindi ne mancano 55. Non è facile coprire i «buchi». 
Recentemente, come ha fatto sapere il sindacato Cgil, è stato bandito un concorso per 9 medici di medicina interna e, i candidati idonei erano 14 ma alla fine solamente 8 hanno accettato l’incarico. 
 
Un segnale chiaro di come la sanità pubblica in Polesine, ma in realtà anche nel resto della Regione, viva un periodo in cui la domanda di specialisti da assumere supera l’offerta di medici interessati e con le caratteristiche necessarie a ricoprire i vari ruoli disponibili. Facendo le pulci all’albo on line dell’azienda sanitaria si scopre che non è solamente la medicina interna a soffrire. Erano stati banditi concorsi per 13 anestesisti, 10 medici di pronto soccorso, 3 ginecologi. Non è attualmente coperto il ruolo di primario di medicina a Rovigo e a Trecenta. Ma qual è la vera causa di questa situazione che, logicamente, ha come conseguenza turni più pesanti per il personale in ruolo e stress. 
 
Il problema nasce a monte dell’Ulss 5, il direttore generale, Fernando Antonio Compostella, lo ha spiegato nei mesi scorsi: «Oggi c’è difficoltà nel reperire certe figure specialistiche. In particolare in medici di pronto soccorso, anestesisti, radiologi e ginecologi. Questo si intreccia con le dinamiche del turnover. Si lega con le proteste dei sindacati. Ogni anno i medici laureati che entrano in una specialità sono il 30-40 per cento. Gli altri fanno guardie mediche, sostituzioni o altro. Sono pochi perché la programmazione la fa il Miur (il Ministero)». 
 
Secondo Compostella dovrebbero essere molti di più. «Lo dimostrano le esigenze — ha spiegato più volte —. La carenza di medici in senso assoluto e la carenza di figure specialistiche. Oggi lo specialista praticamente è a tempo pieno dedicato a svolgere un debito orario presso la scuola di specializzazione e riceve una borsa di studio che è di 1.800 euro al mese. È una norma europea in vigore da oltre 10 anni. Mi viene da pensare che il Miur non abbia abbastanza soldi per aumentare il numero delle borse di studio».