Coimpo, attesa per la sentenza

Conto alla rovescia per la fine del processo sulla vicenda della nube tossica killer, morirono 4 persone. Otto gli imputati alla sbarra AGGIORNAMENTO Sei condanne e due assoluzioni

I carabinieri alla Coimpo (Donzelli)

I carabinieri alla Coimpo (Donzelli)

Rovigo, 28 ottobre 2019 - La parola fine al processo Coimpo verrà pronunciata domani. «Proviamoci a metterci nei panni di chi, come il mio assistito, ha visto la morte in faccia e solo per un miracolo della provvidenza è ancora qui tra noi — dice Claudio Maruzzi, difensore di Massimo Grotto —. Il lungo e faticoso dibattimento, anche grazie alla perizia disposta dal giudice, a mio avviso ha accertato le responsabilità degli imputati oltre ogni dubbio, squarciando il velo su una realtà aziendale a dir poco sconcertante, dove il valore uomo e il bene ambiente si annullano, per dar spazio alla mera logica del profitto. Chiediamo solo giustizia e adeguato riconoscimento del danno che questo immenso dramma ha provocato al mio assistito».

Grotto mentre il 22 settembre 2014 l’acido veniva versato nella vasca era al volante di una gru e ha sbattuto contro un muro. Un collega l’ha tirato fuori. Lui poi è stato trasportato all’ospedale di Adria, intubato ma non è mai stato in pericolo di vita. Era finito all’ospedale anche un vigile del fuoco, Sandro Barchi, 48 anni, e non ha riportato danni. Chi invece assiste i tre fratelli e la nipote di una delle vittime è l’avvocato Emanuela Beltrame. Il cadavere di Paolo Valesella era stato ritrovato due ore dopo gli altri tre perché stava scappando ed era a circa 300 metri dalla vasca di liquami dalla quale si era sprigionata la nube tossica che ha ucciso quattro persone.

«Desiderano solamente giustizia. Il processo ha chiarito come sono andate le cose, non c’è alcun dubbio. Abbiamo la fortuna che il giudice sia un magistrato preparato ed esperto. Martedì sarà un giorno importante non solo per i parenti delle vittime ma per tutti», dice Beltrame. Oltre a Valesella, che aveva 53 anni ed era di Adria sono morti Nicolò Bellato, 28 anni, di Adria; Marco Berti, 47 anni, di Rovigo ed un autotrasportatore dell’azienda di Albertini, Giuseppe Baldan, 48 anni, di Campolongo Maggiore (Venezia).

Il pm Sabrina Duò il 2 ottobre scorso al termine della requisitoria ha chiesto la condanna a 10 anni sia per Mauro Luise, 58 anni, di Adria, il responsabile tecnico Coimpo, sia per Gianni Pagnin, 68 anni, di Noventa Padovana, presidente del cda. Più basse invece le richieste nei confronti degli altri 6 imputati di omicidio colposo plurimo: sette anni per entrambe le figlie Alessia Pagnin, 43 anni, di Noventa Padovana e Glenda Luise, 29 anni, di Adria, componenti del cda Coimpo.

«Non fornivano direttive tecniche ma erano presenti in ufficio. C’è per loro pieno coinvolgimento e piena consapevolezza, ricoprivano un ruolo apicale», sostiene la Duò. Sette anni anche, Michele Fiore, 44 anni, ingegnere di Ferrara, dipendente Agribiofert, società che aveva in gestione la vasca di liquami. Sei anni e tre mesi per Mario Crepaldi, 64 anni, di Adria, dipendente Coimpo. Sei anni per Rossano Stocco, 59 anni, di Villadose, amministratore di Agribiofert. Un anno e mezzo per Alberto Albertini, 61 anni, di Dolo (Venezia), titolare della ditta esterna di trasporti del camion che Baldan aveva portato all’interno della Coimpo il carico di acido solfori co che è stato versato nella vasca dalla quale si è liberata la nube tossica causa delle quattro morti secondo i consulenti incaricati dal giudice Stefanutti.

A fine 2014 sono iniziate anche le indagini della direzione distrettuale antimafia sia a Venezia, sia a Firenze ed i processi sono in corso mentre sulle autorizzazioni amministrative l’indagine della procura di Rovigo non si è ancora chiusa.