Rovigo, indagati i vertici Coimpo. "Fanghi nocivi gettati nei campi"

Antimafia di Firenze, chiesto il giudizio per i manager polesani anche in Toscana

Mauro Luise, uno degli imputati

Mauro Luise, uno degli imputati

Rovigo, 21 settembre 2018 - Due milioni e mezzo di ingiusto profitto derivato dalla presunta gestione abusiva dei fanghi di depurazione contenenti sostanze pericolose derivanti da cicli industriali incompatibili con il reimpiego in agricoltura.

E’ il perno dell’inchiesta sui fanghi spacciati come fertilizzanti destinati a circa 800 ettari di terreni in Toscana – nelle zone tra Peccioli, Palaia, Lajatico, Crespina Lorenzana, Fauglia e Montaione – all’esito della quale il magistrato antimafia Giulio Monferini della Dda di Firenze ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per 20 persone, a vario titolo coinvolte nell’inchiesta, per lo più operanti nel settore del trasporto e della lavorazione dei rifiuti speciali.

LEGGI ANCHE Così operava l'organizzazione - Sei arresti

Prosegue la tempesta giudiziaria sui vertici della Coimpo, attività di Cà Emo che trasformava liquami in concime (inattiva da settembre 2016). I responsabili dell’azienda sono stati indagati dalla direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Firenze ed ora sono diventati imputati per traffico illecito di rifiuti. Il sostituto procuratore Giulio Monferini ha infatti chiesto il rinvio a giudizio di 20 persone. Nell’elenco compaiono i nomi di Gianni Pagnin, 67 anni e della figlia Alessia, 42 anni, di Noventa Padovana, quelli di Mauro Luise, 57 anni e della figlia Glenda, 28 anni, di Adria e di Mario Crepaldi, 53 anni, anche lui di Adria.

COIMPO_27418586_171517

Dalle indagini, secondo la Procura fiorentina, il prodotto era un rifiuto eterogeneo e inidoneo ad essere impiegato come fertilizzante «in quanto risultato di una miscela di fanghi di decantazione di reflui misti, costituiti anche da scarichi di natura industriale» che non presentavano alcunea reale utilità per i terreni, tanto che gli imprenditori agricoli si facevano pagare per riceverlo. Anche 500 euro ad ettaro.

E proprio per la presenza di sostanze contaminanti, quali gli idrocarburi, «sia leggeri che pesanti», in concentrazioni superiori ai massimi consentiti, si trattava per la Procura – all’esito del lavoro dei consulenti – di un fango che peggiorava la qualità ambientale della matrice del terreno. Importanti i quantitativi: si sarebbe trattato di 13-15 tonnellate l’anno per tre anni.

La Procura contesta inoltre il delitto di falso in certificati ai gestori degli impianti di spandimento, ai trasportatori, ai gestori dell’impianto di pre trattamento: i campioni che venivano mandati ai laboratori per ottenere le autorizzazioni, per il pm, sarebbero stati confezionati ad arte. Così i trasportatori partivano con certificati falsi verso gli impianti di destinazione.

FUNESS_252124_161324

La magistratura ha iniziato a muoversi il 22 settembre del 2014 quando alla Coimpo, in seguito ad un incidente sul lavoro, sono morti Nicolò Bellato, 28 anni, di Adria, Marco Berti, 47 anni, di Rovigo, Paolo Valesella, 53 anni, di Adria e Giuseppe Baldan, 48 anni, di Campolongo Maggiore, autotrasportatore per una ditta esterna (FOTO I funerali).

Si era sprigionata una nube tossica durante il versamento di acido solforico all’interno di una vasca che conteneva liquami. Domani ricorre il quarto anniversario delle morti. Gli imputati andranno dunque di fronte al giudice per l’udienza preliminare (Gup) che deciderà se proscioglierli o rinviarli a giudizio facendo iniziare così la fase dibattimentale del processo.