Disoccupato, vende le fedi per sfamare la famiglia

Diego, 48 anni, senza lavoro da 4 anni, vive con moglie e figlia piccola

Diego ha venduto le fedi per poter mangiare

Diego ha venduto le fedi per poter mangiare

Rovigo, 4 febbraio 2017 - «Mia figlia di 8 anni in questi giorni ha avuto la febbre. Non avevo i soldi per comprarle un farmaco da banco per fargliela abbassare. Io e mia moglie da 4 anni siamo disoccupati, non riusciamo nemmeno a comprarci il sapone per lavarci. Figuriamoci le medicine». Per chi si trova nella situazione di Diego, 48 anni, rodigino, disoccupato da 4 anni e privo di reddito minimo, anche un semplice malanno di stagione può trasformarsi in un dramma.

Come ha fatto a curare sua figlia?

«Per paradosso, ci passano i farmaci con l’impegnativa, mentre quelli da banco dobbiamo pagarli. Sono andato alla Croce Rossa dove mi hanno consigliato di chiedere qualche campione in farmacia. Alternative non ce n’erano. Intanto la febbre di mia figlia non scendeva, ma si trattava comunque di influenza stagionale. Anche se mi fossi recato al Pronto Soccorso, non avendo un codice assegnato di gravità avrei comunque poi dovuto pagare la prestazione»

Da quanto tempo si trova in questa condizione?

«Da 4 anni ormai. Ho lavorato alle Poste per 16 anni, poi con l’arrivo del Jobs Act del governo Renzi sono stato licenziato, come altri miei colleghi. Un diploma in tasca e una specializzazione non è servita per trovare un’altra occupazione. Ho consumato tutti i miei risparmi per vivere. Avevo un’auto, ma non sono riuscito più a pagare le rate e me l’hanno portata via. Io e mia moglie e mia figlia ci spostiamo in bicicletta».

E’ vero che avete venduto anche le fedi nuziali?

«Sì. C’erano i nostri nomi scritti su quegli anelli, cosa dobbiamo fare di più? Non sapevamo come fare la spesa, a nostra figlia serviva lo zaino per andare a scuola. Abbiamo venduto le fedi. Ma non solo. In questi anni abbiamo venduto tutto. Ci sono rimasti i muri della casa. Quelli per fortuna sono nostri».

Il Comune vi aiuta?

«Con grande fatica, da qualche mese, ci paga le utenze principali. Fortunatamente la casa è di mia proprietà. Ma tempo fa, ad esempio, ci avevano tagliato l’acqua e non sapevamo come lavarci. Riusciamo a mangiare grazie alla San Vincenzo e alla Caritas. Ci danno cibo per sopravvivere diciamo. Ma, ad esempio, la carne non c’è mai, è un lusso. Dunque sono costretto ad alimentare mia figlia in modo povero. Un dolore immenso per me, come genitore e come uomo».

I servizi sociali non sono efficienti?

«Grazie ad alcuni conoscenti sono venuto a sapere della presenza di un contributo statale che i Comuni erogano ai cittadini che si trovano ad affrontare periodi di disagio come il mio. Si tratterebbe di 50 euro a persona al mese. Poca cosa, ma tantissimo per noi che non abbiamo un euro a disposizione. Denaro che ci servirebbe, ad esempio a comprare beni più semplici come la carta igienica ed il sapone per lavarci, ma anche le matite ed i quaderni per mia figlia. Sono mesi che chiedo questo contributo che mi spetta. Si sono persino dimenticati la mia pratica in un cassetto per settimane. Ed ora mi hanno risposto che inizieranno a breve a erogare i primi contributi dei richiedenti di ottobre. Quando tocchera a noi? Non è dato saperlo. E se mia figlia prenderà ancora l’influenza, si ripresenterà il problema dei farmaci da banco che io non posso permettermi. Senza contare la scuola e il sapone. Ora, non sono in grado nemmeno di acquistare il denitrifico per mia figlia. Qualcuno ci aiuti, siamo disposti a fare qualsiasi lavoro».

Per mangiare hanno venduto le fedi, cenano con delle mele e il figlio ha smesso di studiare. Quello di Diego e della sua famiglia non è, purtroppo, un caso isolato. La loro è una delle tante storie di disperazione che riguarda molte, troppe persone.