"La scrittura aiuta a condividere emozioni"

Il giovane scrittore Paolo Caporossi racconta il suo obiettivo: "Raccoglierò in un testo tutte le mie creazioni, che nascono dal vissuto"

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di Giorgia Brandolese

La scrittura come veicolo di emozioni, attraverso momenti di quotidianità e di ricordi. Questo è quel che si può intuire dal progetto del giovane scrittore rodigino Paolo Caporossi, che da qualche anno ha deciso di diffondere poesie e brevi racconti attraverso i social, diventando anche una penna virtuale molto apprezzata. Oggi per lui si chiude un cerchio: ha deciso di raccogliere in un piccolo libro tutto quel che ha prodotto finora e di donarlo a coloro che vorranno immergersi in poesie, parole e piccole storie.

Quando nasce la sua passione per la scrittura?

"Inizia dalla primavera del 2018, dopo aver passato un periodo di difficoltà. Ho visto nella scrittura la possibilità di ripartire e di esprimere quel che tenevo dentro da troppo tempo. Scrivere mi aiutava molto perché riuscivo a calmarmi e a mettere nero su bianco quel che sentivo. Da lì in poi ho iniziato a chiedermi se non fosse il caso di condividere anche con altri le parole che scorrevano dalla mia mano al foglio. Per questo motivo ho deciso di creare un canale social, attraverso Instagram, dal nome Paolo parole, che potesse raccogliere, quanto meno virtualmente, quel che pensavo per poterlo condividere con gli altri".

Ora, invece, la necessità di raccogliere i suoi componimenti. Perché?

"Dopo diversi anni, ho deciso di chiudere un cerchio. La pagina social attraverso cui condividevo i miei pensieri e i miei versi sta per essere chiusa. Con essa, una nuova possibilità si sta aprendo: ho deciso di raccogliere in un piccolo libro tutte le mie creazioni, in modo tale da vedere anche qual è stata la mia evoluzione personale nella scrittura. Questi libri saranno donati a chi lo vorrà e probabilmente li invierò per posta, un gesto del passato che però mi piace ancora molto".

Cosa si può leggere nelle tue opere?

"Ciò che scrivo, per la maggior parte, comincia dal vissuto quotidiano, ma viene riformulato secondo una specie di stile universale che ho deciso di plasmare e che è diventato anche un mio tòpos. Scrivo per la maggior parte in versi, ma non mancano componimenti in forma di racconto breve. Per essi ho tratto ispirazione da Bergonzoni, un paroliere che stimo molto e che mi ha sempre ispirato. Credo che ogni produzione scritta, sia essa in versi o in prosa, possa essere un modo per mettere in contatto più persone, per condividere e per comprendere che ci sono parti della nostra vita intrecciate tra di loro".

Da cosa deriva il titolo della raccolta "Finzioni dannatamente serie"?

"Devo ringraziare il mio professore di antropologia dell’Università di Bologna. Quella è una sua citazione che mi colpì molto e che ha a che fare con ciò che creiamo: spesso potrebbero sembrare cose lontane, ma in realtà per me hanno un profondo significato".

Progetti per il futuro?

"Dopo la chiusura di una pagina, se ne apre subito un’altra. Utilizzerò comunque i canali virtuali, ma passerò a Telegram perché credo possa diventare una dimensione più intima e di condivisione".