Maurizio Fantinato morto, il calcio piange l'ex attaccante

Stroncato da un malore improvviso

Maurizio Fantinato

Maurizio Fantinato

Rovigo, 18 marzo 2019 - Colpiti, affranti. Non ci sono parole per riempire il pozzo di sgomento in cui la morte di Maurizio «Icio» Fantinato ha precipitato il calcio polesano. Questa tragedia non avviene in campo. La cronaca non ci consegna l’immagine impietosa di un eroe che perde la vita sotto gli occhi del pubblico nell’ardore della lotta. Qui c’è un ex atleta che si spegne all’ospedale, dopo che sul posto di lavoro era stato colpito da un aneurisma aortico. Passiamo la vita a correre e competere, ognuno alla ricerca del suo gol personale. Poi qualcuno stacca la foglia dall’albero.

Si svolgeranno oggi pomeriggio alle 15, nella chiesa della Madonna Pellegrina della Commenda i funerali di «Icio», 60 anni festeggiati lo scorso 18 febbraio, scomparso dopo un improvviso malore sul posto di lavoro, al supermercato Alì dove era banconiere.

Ricoverato all’ospedale di Padova, sembrava che Fantinato avesse superato il momento più delicato, poi sabato la notizia che ha gettato nello sconforto la mamma Silvia, la figlia Sofia, le sorelle Chiara e Grazia, i parenti e i numerosi amici, soprattutto quelli del quartiere di Sant’Antonio dove Icio era cresciuto. I molti amici che in età adolescenziale facevano a gara per stare in squadra con lui, perché «Icio era il più forte».

Attaccante dotato di una tecnica straordinaria, oltre a giocare alla cosiddetta «cabina» e nei campetti del quartiere di Sant’Antonio, Icio aveva fatto il settore giovanile al Rovigo, allenato da Renato Pastorello, altro indimenticato «signore del pallone» che abitava nello stesso quartiere, in via Canova, per esordire a 17 anni in prima squadra nella stagione 1976/77, campionato di Promozione, allenatore Paolo Padoan.

L’anno dopo parte per il militare, e quando ritorna gioca in squadre vicino a casa, prima Ponso, poi Boara Pisani e Guarda Veneta in Prima categoria. Agli inizi degli anni ’80, comincia anche a giocare a calcetto e qui, tutta l’estrosità di Icio venne fuori, tanto da venir pure convocato a Roma, per una selezione che poi formò la squadra azzurra del calcio a 5, disciplina che non era ancora federalmente strutturata.

Indimenticabile la finale del torneo al palazzetto dello sport, appena inaugurato, organizzato dalla Libertas di Beppe Osti dove, quasi mille persone assistettero alla finale del torneo Città di Rovigo, dove Icio mise a segno, il gol del vittorioso 3-2. «Voglio pensare – ricorda commosso l’amico Giampietro Gregnanin – che ora Icio stia dribblando con la palla al piede fra le stelle, come lo ho visto fare da ragazzino nella “cabina” di S.Antonio, nelle mille battaglie di calcetto al palazzetto dello sport, e negli anni trascorsi assieme scorrazzando nei campi di calcio del Polesine. E quando gli chiedevo: Icio ma come hai fatto a fare quel gol? Mi rispondeva con un sorriso sornione...a ghe voe piè».

A 50 anni, è stato capocannoniere nel campionato di calcio a 5 del Csi. Un genio con il pallone tra i piedi, un carattere un po’ ribelle, ma d’animo buono. La sua prematura scomparsa lascia attoniti gli amici e tanti altri ancora che oggi gli daranno l’ultimo saluto.

Gli antropologi insegnano che ogni rito funebre contiene insieme il dolore e il rispetto ma celebra anche un inconscio esorcismo nei confronti del destino, insondabile e immanente. E’ questo forse il senso più profondo della riflessione che deve accompagnare una giornata senza rumore, se non quello di una foglia che cade.