Omicidio di Paula Burci, tutti i punti chiave fra accusa e difesa / VIDEO

Sergio Benazzo e Gianina Pistroescu sono stati condannati all’ergastolo, si attende l’esito dell’Appello

Gianina Pistroescu e Sergio Benazzo in aula (Donzelli)

Gianina Pistroescu e Sergio Benazzo in aula (Donzelli)

Rovigo, 18 maggio 2018 - È vicino il secondo grado di giudizio del processo per l’omicidio di Paula Burci, prostituta rumena morta dieci anni fa, barbaramente picchiata e poi data alle fiamme. Aveva 19 anni. Il suo scheletro martoriato era stato rinvenuto il 24 marzo del 2008 nelle golene del Po, a Zocca, in provincia di Ferrara. La Corte d’Assise d’Appello di Venezia si riunirà martedì, di fronte avrà gli avvocati Francesca Martinolli, di Adria, e Rocco Marsiglia, di Roma. I legali proveranno a difendere rispettivamente Sergio Benazzo, 42 anni, idraulico di Rovigo e Gianina Pistroescu, sua coetanea rumena.

Secondo la ricostruzione dell’accusa i due avrebbero partecipato al pestaggio della 19enne, iniziato nell’appartamento dove all’epoca Benazzo abitava, a Villadose. Successivamente l’avrebbero portata nel luogo dov’è stata ritrovata assieme a dei complici. Secondo la difesa i due imputati avrebbero avviato alla prostituzione Paula Burci, la quale era atterrata in Italia da pochi giorni. La ragazza però sarebbe finita nelle mani di un gruppo di malviventi, gli unici responsabili del delitto.

La prima sentenza è della Corte d’Assise di Ferrara che ha condannato entrambi all’ergastolo, così come la Corte d’Assise d’Appello di Bologna. La Cassazione però ha fatto ripartire il processo a Rovigo, per competenza territoriale. Anche la Corte d’Assise di Rovigo ha condannato Benazzo e Pistroescu all’ergastolo. Ora è atteso l’esito dell’Appello.

PUNTATA 1

Sergio Benazzo ricorda quando ha conosciuto Gianina Pistroescu, si erano fidanzati ed avevano iniziato una convivenza nel 2006. La relazione non era decollata ma i due continuavano a frequentarsi saltuariamente. Quando Paula Burci è arrivata in Italia, con il fratello di Gianina, Sergio è andato a prenderli e li ha ospitati a casa sua. Racconta che tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio del 2008 lui accompagnava la giovane rumena a prostituirsi a Ferrara. Un giorno poi la 19enne sarebbe sparita. Lui e Gianina l’avrebbero cercata invano.

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PUNTATA 2

Dopo il ritrovamento del cadavere le perquisizioni della scientifica non hanno prodotto risultati apprezzabili. La vita dell’idraulico rodigino è proseguita, fra un interrogatorio e l’altro, senza particolari cambiamenti. Gianina invece pochi giorni dopo la scomparsa di Paula, e prima del 24 marzo 2008, è stata arrestata e rispedita in Romania perché doveva scontare una pena passata in giudicato per reati commessi nel proprio paese. Nel carcere di Craiova avrebbe conosciuto quella che sarebbe diventata il teste chiave del processo Burci: Jana Serbanoiu che nell’estate del 2009 ha deciso di collaborare con la Giustizia italiana.

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PUNTATA 3

Benazzo racconta del giorno dell’arresto mentre lavorava in provincia di Reggio Emilia, nel 2011. È rimasto in custodia cautelare quattro anni nei quali ha lavorato come idraulico della prigione continuando a pensare a quello che gli era capitato. Si dice incredulo di come le cose possano essere finite così e spiega di aver imparato in carcere che quel tipo di omicidi, particolarmente efferati, sono degli atti dimostrativi crudeli che i protettori delle prostitute appartenenti alla malavita organizzata celebrano per mettere in guardia le ragazze che si vogliono svincolare dal giogo nel quale sono state costrette.

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PUNTATA 4

L’imputato polesano dichiara di aver pensato più volte che effettivamente la sua ex fidanzata possa aver ceduto, a sua insaputa, la giovane prostituta a qualche gruppo criminale. Ma ammette di non avere alcuna prova per dimostrarlo. Il suo legale di fiducia, l’avvocato Francesca Martinolli, mette in luce alcuni degli aspetti che a suo avviso palesano una raccolta di prove insufficiente da parte delle procure e delle indagini svolte in maniera poco precisa dagli inquirenti. Secondo la ricostruzione del super teste Serbanoiu, la giovane Paula Burci sarebbe scappata dai suoi sequestrati con un taxi dalla locanda Valmolin, non lontano da Rovigo, per farsi riportare a Villadose. Nessun tassista sarebbe stato interrogato per cercare conferme, nonostante a Rovigo siano pochi, così come nessun vicino di casa di Sergio che avrebbe potuto dichiarare di aver sentito urla e grida nel giorno della scomparsa di Paula Burci o in quelli successivi.

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PUNTATA 5

Francesca Martinolli rimarca che sul luogo del rinvenimento del cadavere erano intervenuti i Ris di Parma senza aver raccolto elementi che possano ricondurre in maniera diretta l’omicidio a Benazzo o alla Pistroescu. L’avvocato di Adria fa presente invece che sotto le unghie di Paula Burci c’erano tracce di dna riconducibili a soggetti diversi dagli imputati e che potrebbero essere i veri assassini. Silvia Varotto, giudice componente della Corte d’Assise di Rovigo, rivela uno degli elementi che hanno determinato la sentenza: il fatto che la Pistroescu in un’intercettazione ambientale ha manifestato preoccupazione per la possibilità che venissero trovate tracce del suo dna sul luogo del ritrovamento del cadavere.

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PUNTATA 6

La difesa ritiene che quello della Serbanoiu sia stato un tentativo non riuscito di ottenere benefici, avrebbe cioè trasformato le contestazioni che gli inquirenti rivolgevano alla Pistroescu nella confessione di un delitto che la sua compagna di cella non avrebbe mai ammesso né commesso. Il giudice Silvia Varotto spiega invece perché l’Assise ha ritenuto credibile la testimone. Secondo la Corte, Jana Serbanoiu non avrebbe chiesto né ottenuto alcun beneficio ed avrebbe fornito elementi precisi per la ricostruzione dei fatti che poteva aver appreso solamente da una persona ai quali aveva assistito personalmente, cioè la Pistroescu.

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