Omicidio sul Po, barista ucciso. Spunta l’arsenale del carabiniere

Aveva 11 armi. Traballa la versione della coppia

Salvatore Ciammaichella e la compagna Monia Desole

Salvatore Ciammaichella e la compagna Monia Desole

Rovigo, 11 giugno 2016 - Come può un carabiniere e per giunta un esperto di armi, in possesso di un vero e proprio arsenale, aver sparato accidentalmente non uno, ma addirittura due colpi? Questo l’interrogativo che resta al giudice per le indagini preliminari che giovedì ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere di Salvatore Ciammaichella, 44 anni, e la sua compagna Monia Desole, 41, accusati dell’omicidio del barista 61enne Antonio Piombo, di uso indebito di bancomat rubato (quello della vittima) e, solo per Ciammaichella, detenzione abusiva di arma.

Traballa la versione data dal maresciallo in forze al comando di Cento, nel Ferrarese, sospeso dal suo incarico subito dopo il fermo, avvenuto sabato scorso a Canaro. Nel suo interrogatorio, Ciammaichella ha sostenuto di aver sparato a Piombo per errore. Il barista di Lama Polesine avrebbe disturbato la coppia, in cerca di intimità sull’argine del Po, chiedendo di poter fare sesso con loro. Per mandarlo via, Ciammaichella avrebbe estratto la sua Mauser calibro 7,65. Un’arma senza sicura da cui sarebbero partiti «accidentalmente», come ha spiegato il sospettato, due colpi che hanno colpito l’anziano all’addome e al volto. Pare però inverosimile che a un maresciallo dell’Arma, oltretutto così esperto di armi da possederne ben 11 tipi (detenuti legalmente), possano essere partiti due colpi.

Il comportamento della coppia subito dopo l’omicidio aggrava inoltre la loro posizione: nessuna chiamata ai soccorsi, anzi, i due avrebbero tentato di occultare il cadavere, per poi fare due prelievi con il bancomat della vittima. Ciammaichella avrebbe anche tentato di vendere la pistola a un’armeria di Mirandola e di ridipingere la sua Peugeot 306 di bianco, per non renderla riconoscibile. Non ci sono invece elementi per determinare con certezza la presenza della figlia piccola della Desole, una bimba di 7 anni, al momento dell’omicidio. L’ormai ex militare e la sua fidanzata restano ad ogni modo in carcere: il Gip temeva i due potessero reiterare i reati a loro contestati, ma anche inquinare le prove e persino fuggire. La coppia infatti, poco dopo l’omicidio, si erano informati su come ottenere due passaporti per andare in Sud America. «Una vacanza», sostengono gli avvocati dei due, Alessandro Falzoni di Ferrara per Ciammaichella e Lorenza Munari di Rovigo per Desole. Ma per gli inquirenti quella richiesta, fatto subito dopo un omicidio, significa fuga certa. Ieri sono iniziati anche gli esami balistici sull’auto di piombo e la pistola di Ciammaichella ad opera del Ris di Parma, e gli accertamenti su due mozziconi di sigaretta rinvenuti sull’argine del Po.