Qualità della vita: il Polesine in picchiata "La nostra mentalità ci penalizza. Da sempre"

Amara posizione della provincia nella classifica di Italia Oggi, commercianti e imprenditori: "Serve un cambio di passo". Rovigo si colloca al 58° posto, accomunata a livello veneto con Belluno. Un crollo dal 2020 quando era 20ª

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di Giuliano Ramazzina

Su 107 posizioni, Rovigo si colloca al 58° posto, una tra le province peggiori a livello nazionale, accomunata a livello veneto nel male comune con Belluno. Un crollo fragoroso se si pensa che nel 2020 era al 20° posto ed era risalita rispetto al 2019 quando si era piazzata al 41° posto. E’ amara e fa riflettere per il Polesine la 23ª edizione della classifica di Italia Oggi e Università La Sapienza di Roma, che ogni anno, a novembre, indica quali località si distinguono per la buona o la pessima qualità della vita. Una classifica stilata valutando 9 parametri: affari e lavoro, ambiente, disagio sociale e personale, istruzione e formazione, popolazione, reddito e ricchezza, sicurezza, sistema salute e tempo libero. A ben guardare, Rovigo non è l’unica a piangere. Anche Belluno peggiora la sua posizione, collocabdosi al 41° posto, in uno scenario che vede tutte le altre città del Veneto in cima alla classifica, ma peggiorando la propria posizione. Tranne Venezia, che guadagna due posti. La regione ha solo una città nella top ten, ed è Verona, che si posiziona ottava (era sesta nel 2020). Padova lascia il quarto posto del 2020 e scivola all’11esimo, Treviso è 14esima, Vicenza fa un tracollo di 14 posizioni e da terza diventa 17esima, Venezia 28esima. Il motivo di questo sconvolgimento? Secondo Italia Oggi c’entra il Covid ed i suoi effetti economici e sociali. Da una parte infatti le metropoli avrebbero dimostrato di saper affrontare meglio la pandemia, tanto che, pur essendo state nel 2020 penalizzate da questa emergenza, nel 2021 hanno saputo riprendersi con maggior rapidità. Insomma sarebbero state più resilienti rispetto ai centri di minori dimensioni. "Sicuramente ha pesato il Covid – afferma Vittorio Ceccato, presidente di Confesercenti – Rovigo però aveva già dei limiti prima che scoppiasse l’epidemia, evidentemente poi ha risentito più di altre realtà. Eravamo già molto fragili – aggiunge Ceccato_ – ma qui abbiano sofferto di fattori emergenti come il commercio on line oltre all’avvento di grandi strutture commerciali, molto sovradimensionate rispetto alle esigenze del territorio. E anche l’offerta del commercio tradizionale è calata molto. Chiaro quindi che la pandemia abbia rappresentato un ulteriore fattore di disagio anche se tante aziende hanno saputo reagire in maniera virtuosa". Insomma, i dati di Italia Oggi non vanno letti come una disfatta. Anche Matteo Rettore, direttore degli artigiani della Cna, pensa che il Polesine abbia reagito abbastanza bene alla pandemia, se il virus rappresenta lo spartiacque per capire il senso di una caduta. "Ha reagito bene – sottolinea – soprattutto dal punto di vista sanitario, certo si poteva fare meglio mentre in termini economici abbiamo pagato molto. Siamo una provincia che basa la propria ricchezza sui servizi alla persona e non tanto sul manifatturiero, penso al sistema casa che col virus ha subito una battuta d’arresto. Invece – rileva Rettore – le grandi città che vivono di servizi finanziari e digitali quasi non si sono accorte dello tsunami". Se guardiamo le singole città venete, l’involuzione della qualità della vita preoccupa. Ma fino ad un certo punto. Di sicuro se siamo caduti così in basso non è tutta colpa del covid. "C’entra anche la mentalità – mette il dito nella piaga Ceccato – serve infatti un ragionamento più ampio per capire. Rovigo deve decidere se essere una città o se vuole restare una grande paese, questo salto di qualità non lo ha mai fatto e con la mentalità che c’è oggi non lo farà mai. Per risalire la china, è la città che deve credere in se stessa". Se guardiamo le singole città venete, l’involuzione della qualità della vita preoccupa. "A mio avviso – osserva Rettore – viviamo ancora in una regione dove c’è una sanità di prossimità che funziona a differenza della Lombardia. E adesso dobbiamo rafforzarla perché finora ci ha salvati dalla pandemia".