Rovigo rugby bullismo, la mamma del giovane picchiato. "Mi fidavo di McDonnell"

Lo sfogo del genitore: "Solo il coach mi ha chiesto scusa, ma erano finte. Non ha dato valore ai fatti"

Coach Joe McDonnell all’epoca dei fatti era l’allenatore della Monti junior

Coach Joe McDonnell all’epoca dei fatti era l’allenatore della Monti junior

Rovigo, 20 luglio 2019 - A distanza di 9 mesi dai fatti parla la mamma del rugbista minorenne che dopo una trasferta con la Monti rugby Rovigo junior ha subito il trattamento riservato alle ‘matricole’. Un gioco a base di schiaffi che ha innescato un’indagine della procura della Repubblica di Rovigo, chiusa pochi giorni fa con la notifica dell’avviso 415-bis ai 4 ex compagni di squadra indagati per lesioni e a 6 componenti della società per omesso impedimento del reato.

È pentita?

«Pentita no. Perché secondo me è giusto far passare il messaggio che le persone vanno rispettate. Se uno dice ‘no’ poi non si è autorizzati a fare quello che si vuole».

Suo figlio dunque non voleva subire la ‘matricola’?

«Lui aveva rifiutato tutti i tipi di ‘matricola’ già dall’under 14 quando era previsto il taglio dei capelli, e lui non aveva accettato. Io all’epoca avevo parlato con l’allenatore. Infatti non voglio parlare male del Rovigo fino a questo ultimo episodio».

Cos’è cambiato ad un certo punto?

«Con il cambio di categoria per mio figlio è cambiato l’allenatore, è arrivato questo Joe McDonnell che non si è interessato di quello che i ragazzi facevano. Io, mio figlio, l’ho affidato all’allenatore quella domenica mattina».

Aveva lasciato liberi i ragazzi di prevaricare suo figlio?

«Lui doveva vigilare, il fatto è successo su un pullman. Non è successo in uno spogliatoio dove magari avrebbe potuto dire di non essere stato presente. McDonnell era lì. Erano tutti dentro al pullman».

Oltre a McDonnell chi c’era?

«Non li conosco, altri cinque adulti, in totale sei, quelli della denuncia».

Lei, dopo l’episodio, ha parlato con qualcuno?

«Sono andata a parlare con l’allenatore».

Quando?

«Il giorno stesso, la domenica, gli avevo chiesto di potergli parlare il giorno dopo, cioè il lunedì sera alle 20,30 perché io avrei finito il turno alle 20. Lui mi ha detto di no, che per lui era possibile solo di pomeriggio. Allora sono andata di martedì».

E cos’è successo?

«Mi ha fatto le sue scuse ma non erano scuse vere. Non ha dato il giusto valore ai fatti».

E lei ai carabinieri cos’ha raccontato?

«Ha raccontato tutto mio figlio, io non ho parlato. Lui ha riferito cos’era successo in pullman tornando dalla trasferta. I compagni hanno iniziato a fare questo rito prima ad un altro giocatore, successivamente a lui».

La decisione di denunciare di chi è stata?

«Io ho lasciato libero mio figlio, gli ho detto che se avesse voluto continuare a giocare a Rovigo non sarei andata dai carabinieri. Mi sarei limitata ad andare a parlare con la società. Ma lui ha deciso di non andarci più perché si è sentito tradito. Eppure giocare in prima squadra a Rovigo era il suo sogno».

Oltre alle violenze ci sono state anche parole pesanti che lo hanno ferito?

«Non me ne ha parlato».

Della società non si è più fatto vivo nessuno?

«Nessuno, anzi hanno fatto fatica a darmi il nulla osta. Non me lo davano per portare via mio figlio. All’inizio mi avevano dato quello provvisorio. Ma io ho detto che là non ci sarei tornata più. Ho dovuto far scrivere all’avvocato».

Ha parlato con altri genitori?

«No, non conoscevo nessuno lì a Rovigo».

Il sogno era giocare in prima squadra: secondo lei suo figlio ha subìto un trauma psicologico prolungato a causa di quell’episodio?

«Non saprei perché non ne voleva proprio parlare. All’inizio è stata dura. Si vedeva che era turbato».

Che idea si è fatta della società Monti?

«Una società che non considera un atleta. Io avrei chiesto scusa fossi stata il presidente. Loro invece non si sono mai fatti vivi. Né loro né i genitori».

Con qualche ex compagno è ancora in amicizia suo figlio?

«Ha tagliato i ponti. Dopo l’episodio non ha più sentito nessuno».

Dopo la denuncia dell’anno scorso suo figlio è stato sentito ancora in tribunale, c’è stato un incidente probatorio?

«È stato chiamato a Rovigo, sono andata con lui, ha parlato con un carabiniere che gli ha chiesto nuovamente com’erano andati i fatti. Lui ha confermato quello che aveva già raccontato nella denuncia».