Rovigo, scappa col figlio. Madre condannata

Sottrazione di minore. La donna è fuggita in Polonia senza dirlo al compagno

Sottrazione e trattenimento di minore all’estero, condannata a 2 anni di reclusione una signora polacca di 43 anni.  La sentenza è di ieri del  giudice di Rovigo,  Raffaele Belvederi

Sottrazione e trattenimento di minore all’estero, condannata a 2 anni di reclusione una signora polacca di 43 anni. La sentenza è di ieri del giudice di Rovigo, Raffaele Belvederi

Rovigo, 11 gennaio 2019 - Sottrazione e trattenimento di minore all’estero, condannata a 2 anni di reclusione una signora polacca di 43 anni. La sentenza è di ieri del giudice di Rovigo, Raffaele Belvederi. Ad esultare è un piccolo imprenditore edile rodigino originario di Bosaro che si chiama Donato F. ed ha 51 anni. Aveva conosciuto Dagmara M. nel 2011, si era innamorato, desiderava tantissimo avere un figlio e lei gliel’ha dato. Ora il piccolo ha 5 anni ma vive a Wloclawek, una città con oltre 100 mila abitanti nel cuore della Polonia tra Varsavia e Poznan. Il cinquantenne residente a San Bortolo descrive la propria vita come un calvario a causa dell’amore esagerato per il figlio tanto voluto e delle difficoltà enormi per costruire un rapporto con lui.

Il bambino parla solo polacco, è partito con la mamma che aveva due anni, assieme alla figlia avuta da una precedente relazione. Nonostante parlino italiano non lo starebbero insegnando al piccolo. Quando il padre tenta le video chiamate agli orari concordati suo figlio chiude la conversazione spingendo il tasto rosso e secondo Donato F. questo atteggiamento di ostilità nei suoi confronti sarebbe indotto dalla madre.

Secondo il rodigino, l’ ex compagna se ne sarebbe tornata nel proprio Paese perché in Italia sarebbe stata costretta a lavorare, ma non era disposta ad accontentarsi di un impiego qualsiasi. Avrebbe quindi messo in atto la strategia di recarsi al centro anti violenza per le donne, sostenendo che il compagno la picchiava e che lei aveva paura ed era disperata. Per ascoltare ieri l’ultimo dei testimoni del processo, una psicologa rodigina, è servito l’accompagnamento coatto che aveva disposto il giudice il giorno prima, non considerando sufficiente come giustificazione un certificato medico nel quale si parlava di una cefalea, cioè di un mal di testa che avrebbe potuto produrre il rinvio di molti mesi.

La stessa psicologa, dopo aver precisato che la sua forma di cefalea era seria e invalidante, ha dichiarato di fronte a Belvederi, parlando dell’imputata: «Le abbiamo creduto, era una donna che stava male per quello che riferiva» e ha spiegato che non è compito del centro antiviolenza verificare le circostanze descritte da chi vi si rivolge. Dunque, in linea teorica, qualora le psicologhe si trovino di fronte a persone con un’innata capacità di recitazione e magari una propensione per la drammaturgia, è per loro più difficile discernere se si tratti di un racconto veritiero o inventato ad arte. Sta di fatto che l’unico procedimento penale a carico di Ferroni per le accuse rivoltegli dalla ex compagna si è chiuso con il proscioglimento, quindi nei confronti dell’imprenditore non c’è assolutamente nulla di concreto.

Al termine della requisitoria il vice procuratore onorario Marika Imbimbo aveva chiesto la condanna dell’imputata a 2 anni e 4 mesi di reclusione. L’avvocato di parte civile, Gloria Zanchetto del foro di Rovigo, si era accodata al pubblico ministero aggiungendo una richiesta di risarcimento da un milione di euro. A difendere l’imputata invece in aula c’era l’avvocato Angelika Justyna Niewadzi.

Il giudice è rimasto meno di mezz’ora in camera di consiglio poi è uscito per leggere il dispositivo che prevede 2 anni di reclusione, il pagamento delle spese processuali, la sospensione per la donna della responsabilità genitoriale per 4 anni, il risarcimento del danno a Donato F. da quantificare in sede civile ma anche i pagamento di una provvisionale da 20 mila euro immediatamente esigibile. Le motivazioni verranno depositate in 15 giorni. Si tratta comunque di una sentenza di primo grado che potrà essere impugnata dalla difesa in Corte d’Appello a Venezia.