Lo scialpinista Sartori: “Come sono riuscito a sopravvivere 20 ore sotto la neve”

Prima il buco per l’ossigeno, poi la preghiera alla madre, quindi lo sforzo di restare sveglio e di muovere i muscoli: “Non dimenticherò mai il rumore dell’elicottero”

Rovigo, 1 febbraio 2023- “La notte è stata tremenda. Avevo tanta paura, non volevo morire. Sapevo che non dovevo mollare, sapevo che non dovevo assolutamente addormentarmi, altrimenti sarebbe stata la fine”. È il drammatico racconto fatto all'Ansa da Carluccio Sartori, lo scialpinista di Villanova Marchesana (Rovigo), imprenditore del legname, sopravvissuto la scorsa settimana in Val Badia per oltre 20 ore sotto una valanga. “Non sono credente - confessa Sartori- ma quella notte ho pregato mia madre”.

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Il 54enne di Villanova Marchesana (Rovigo) è ancora ricoverato in terapia intensiva a Bolzano, ma le sue condizioni sono buone, per lui qualche graffio sul viso, le dita della mano destra fasciate. Il polesano ha vissuto ore di grande paura ed angoscia, rischiando la morte è lui stesso a raccontare quei momenti: “Mentre la slavina mi trascinava via, ho indurito i muscoli perché temevo che le masse nevose mi potessero spezzare un arto. Quando poi la neve si stava per fermare, ho iniziato a nuotare, per restare a galla, ma ero molto limitato nei movimenti e una spalla mi faceva male e lo zaino mi ostacolava”. Nella ricostruzione di quei concitati fatti, Carluccio Sartori spiega che appena si è fermata la slavina, con l'unico braccio libero, ha buttato via la neve sopra di lui per creare un foro d’aria e riuscire così a respirare. Tutto questo per quasi 20 ore.

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Lo scialpinista Carluccio Sartori, sopravvissuto dopo 20 ore sotto una valanga
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"Anche Siri non rispondeva”

Sono sempre rimasto cosciente e lucido. Ho chiamato aiuto, ma nessuna risposta” aggiunge Sartori, ricordando come aveva tentato di attivare con i comandi vocali il suo Apple watch, “ma purtroppo anche Siri non rispondeva”. Quando ha iniziato a fare buio, Carluccio Sartori ammette di aver avuto tanto freddo e paura, spiega come “il mio unico pensiero era di restare vivo. Per tutta la notte ho fatto una sorta di micro ginnastica, muovendo sistematicamente un arto dopo l'altro, come riuscivo sotto la neve. Il cuore da tante ore andava a 150 battiti, forse anche di più, e mi chiedevo quanto potesse reggere”. Dopo aver trascorso la notte al freddo con temperatura sotto zero, nel corso delle prime ore del mattino l’auspicato arrivo dei soccorsi: “Non dimenticherò mai – dice emozionato Sartori - il rumore dell'elicottero. Quando ho visto i soccorritori mi sono rilassato. Andrò a trovare i ragazzi. Confesso di non ricordare le loro facce. Mi dicono che ho risposto, so solo che mi sono svegliato in ospedale con un grande calore addosso”. Sartori ringrazia anche i medici e infermieri del reparto di rianimazione di Bolzano, diretti dal primario Marc Kaufmann. In conclusione l’alpinista polesano confessa: “A casa mi uccidono se ora dicessi che farò ancora scialpinismo. Per tutta la vita quando vedrò le stelle e il Grande Carro penserò a quella notte”.