Badia, barista scagiona due nomadi accusati di stupro. "Fiero di aver detto la verità"

L'uomo: "Non posso non pensare a quanti stanno rischiando condanne senza aver mai commesso crimini"

In carcere

In carcere

Badia (Rovigo), 22 aprile 2018 - «Non posso non pensare a quanti stanno rischiando condanne senza aver mai commesso crimini. Ed anche a chi sta scontando pene in carcere pur essendo innocente. Se quei due sono fuori, in fondo, è quasi per caso». Jonathan Saron, 32 anni, ha tirato fuori dai guai due nomadi che vivono a Badia. Erano accusati di un atroce reato: violenza sessuale.

La scorsa primavera erano finiti in carcere, Rocky ed Alessandro Ahmetovic, perché una ragazza nomade di 21 anni aveva dichiarato di essere stata stuprata da entrambi la notte fra il 30 e il 31 marzo 2017 a Reggio Emilia. Tutto falso. Alessandro era al bar Campo di Badia Polesine quella notte, dove Jonathan lavora sei giorni la settimana dalla sera fino alle sette della mattina successiva. Il locale rimane aperto 24 ore su 24, uno dei pochi nella nostra provincia. L’ordinanza di scarcerazione è di luglio del 2017. Due settimane fa il pm di Reggio Emilia ha chiuso le indagini ed ha chiesto l’archiviazione del fascicolo. Ora si attende il pronunciamento del giudice per le indagini preliminari. Ma l’incubo per i due, padre e figlio, sembra al termine.

Quando ha deciso di testimoniare?

«L’anno scorso uno di loro mi ha passato al telefono un avvocato (Andrea Cirillo, legale degli Ahmetovic, ndr). Mi ha chiesto di comparire in questura e sono andato quando ho avuto il giorno libero».

Hanno dovuto convincerla?

«No. Dovevo solo dire che quella sera loro (Alessandro Ahmetovic e dei suoi amici, ndr) erano in questo bar. Cioè la verità. Io me lo ricordavo bene».

Conosce gli altri due testimoni?

«No. Non sapevo nemmeno di non essere l’unico».

Era in soggezione in questura?

«Era la prima volta che mi interrogavano ma ero tranquillo. Mi hanno fatto vedere delle foto, parecchie. Alcune facce le conoscevo, altre non le avevo mai viste. Tanti erano componenti della stessa famiglia. Poi hanno iniziato a farmi vedere dei video. Io dovevo dire chi riconoscevo».

E alla fine?

«Alla fine era chiaro che lui quella notte non poteva essere a Reggio Emilia perché nello stesso orario era qui».

È venuto a ringraziarla?

«Non l’ho più visto. Dei suoi amici e parenti un mese dopo sono passati mi volevano offrire da bere ma ho lasciato stare».

Come si sente per aver testimoniato?

«Fiero di aver detto la verità. Se poi ho tirato fuori dai guai degli innocenti, meglio».

Erano suoi amici?

«Per niente. Avventori del bar. Fra i tanti. Con loro non ho alcun rapporto»

Cosa pensa di questa vicenda?

«Finché non si hanno le prove fino in fondo non si può rovinare la gente».