Mercatone Uno Occhiobello, il sindacato. "Buoni spesa da 500 euro ai lavoratori"

La nostra cronista al presidio davanti ai cancelli con i licenziati, luogo d’incontro tra rabbia ed aspettative

Mercatone Uno, la protesta dei lavoratori a Occhiobello

Mercatone Uno, la protesta dei lavoratori a Occhiobello

Rovigo, 1 luglio 2019 - «Un buono spesa di 500 euro da erogare quanto prima. È poco, ma è un segnale concreto, rivolto a lavoratori che non percepiscono lo stipendio da due mesi e che con ogni probabilità non riceveranno la cassa integrazione fino a fine agosto o inizio settembre», questa la proposta della Fisascat Cisl Padova Rovigo per i lavoratori del Mercatone Uno di Occhiobello e Noventa Padovana. Il punto vendita di Occhiobello è nato il 1 maggio del 1983. E’ stato il primo. Molti lavoratori di Occhiobello hanno visto nascere e crescere negli anni l’azienda. «Una seconda famiglia – racconta Stefania Ghisellini, commessa dal 1983 –. Negli anni è divenuto un punto di aggregazione economico, un simbolo del territorio. Questa situazione avrà una ricaduta negativa su tutto il territorio e le attività limitrofe». Parole che risuonano sotto il sole cocente del piazzale dove da giorni i lavoratori manifestano.

L'asfalto del parcheggio, vuoto, emana un calore forte. Ma nemmeno il sole cocente di questi giorni che batte sul piazzale del capannone del Mercatone Uno ha scoraggiato i lavoratori che si sono trovati all’improvviso senza un impiego ed un futuro.

Dopo il fallimento della Shernon holdin srl, che aveva preso in mano la gestione del colosso commerciale ad agosto 2018, gli ex dipendenti continuano a manifestare e a chiedere risposte. Da molti giorni il presidio è diventato un punto di ritrovo e i lavoratori si danno appuntamento nel parcheggio per richiamare l’ attenzione su una situazione di emergenza sociale che riguarda tutto il territoriale. In divisa da lavoro e armati di bandiera chiedono risposte cercando di resistere alla rassegnazione, decisi ad andare avanti nella lotta.

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«Vogliamo far sentire la nostra voce e le nostre paure – sottolineano dal parcheggio mentre l’aria rovente del pomeriggio spazza il piazzale con un vento che sembra arrivare dall’Africa –. La notizia della cassa integrazione lascia l’amaro in bocca perché è stata calcolata su contratti part-time, quindi con importi bassi». L’unica ipotesi risolutiva, su cui sperano, è la creazione di una cordata di fornitori e creditori che siano disposti a risollevare le sorti del Mercatone Uno. Il punto vendita di Occhiobello è nato il 1 maggio del 1983. E’ stato il primo. Molti lavoratori di Occhiobello hanno visto nascere e crescere negli anni l’azienda. «Una seconda famiglia – racconta Stefania Ghisellini, commessa dal 1983 –. Negli anni è divenuto un punto di aggregazione economico e commerciale. Questa situazione avrà una ricaduta negativa su tutto il territorio e le attività limitrofe. Ci auguriamo che la recente discussione riguardo il riconoscimento della zona Zes renda appetibile l’area agli investitori». Tra i lavoratori ci sono alcune sindacalisti.

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Franca Beggiao, segretario generale provinciale Filcams Cgil, fa il punto. «Questa situazione difficile avrà anche un effetto domino con i fornitori e le aziende che si andranno a trovare in grave difficoltà» dice. Il ricordo di quella mattina, quando le serrande sono rimaste abbassate, è impresso nella memoria di tutti.

«E’ stato come un lutto – racconta Stefania – . Quando succede agli altri non ci si rende conto. Il nostro primo pensiero è quello di tornare a lavorare. La cassa integrazione aiuta ma il lavoro è dignità, senso di appartenenza. Tra noi ci sono alcuni colleghi che lavoravano nel punto vendita di Badia che ha chiuso alcuni anni fa. Stanno rivivendo quelle stesse paure». Anche Luigi, commesso storico del punto vendita non riesce ad accettare questa situazione. «Abbiamo sete di passi reali e tangibili. Non siamo abituati a non lavorare e non vorremo mai abituarci – ci tiene a sottolineare –. Ci auguriamo che il territorio risponda positivamente, chiediamo solidarietà».