Rovigo, la picconata del vescovo: "Cari politici, pensate solo alla città"

Il monito del vescovo Pavanello: "Lasciate da parte inutili personalismi"

Rovigo, il vescovo Pierantonio Pavanello (Foto Donzelli)

Rovigo, il vescovo Pierantonio Pavanello (Foto Donzelli)

Rovigo, 14 febbraio 2019 - «Ciò che mi colpisce in questa crisi politica del Comune di Rovigo è la frantumazione dei gruppi politici, in consiglio comunale siedono tantissimi gruppi con uno o due consiglieri, così diventa difficile coagulare una maggioranza e anche un’opposizione. E’ uno spappolamento generale che deve far riflettere». Quello del vescovo della Diocesi di Adria e Rovigo, mons. Pieratonio Pavanello è un monito alla politica e ai politici rodigini alle prese forse con la crisi più grave dal dopoguerra ad oggi. Una crisi che sembra non avere sbocchi. L’occasione è la presentazione svoltasi ieri mattina il Curia del convegno ‘Leadership e partecipazione in Polesine’, promosso dalla Diocesi e dalla Pastorale sociale e del lavoro.

Il tema rimbalzerà sabato al teatro Don Bosco di Rovigo a partire dalle 9.30, con gli approfondimenti di studiosi come Gianpaolo Romanato, Marta Elena, Giorgio Osti, Edoardo Gaffeo e Damiana Stocco. E’ la Chiesa locale che s’ interroga sul potere e le sue complessità , un’iniziativa – come sottolinea il vescovo – rapportandola agli sviluppi politici attuali «promossa in tempi non sospetti». Ma è innegabile che il convegno assuma un significato particolare di riflessione all’interno del mondo cattolico per la concomitanza con la crisi della giunta comunale di centrodestra, dove è significativa la presenza di esponenti cattolici che devono rendere conto dei propri comportamenti. Rovigo sembra una comunità disorientata, senza leader e senza squadra di governo. Un vuoto pericoloso? «Quello che sta avvenendo a Rovigo – sottolinea il vescovo – testimonia la crisi profonda della politica». Secondo mons. Pavanello per il governo della ‘polis’ servirebbe unità tra i cittadini, invece si sta assistendo ad una frantumazione della comunità umana con effetti che non riguardano solo la politica, ma anche l’economia, la cultura e la religione. «Ecco perché – rilancia il vescovo rivolgendosi ancora al politici locali – bisogna agire non per il proprio interesse, chi fa politica deve agire per il bene comune».

Che momento stiamo vivendo? «La politica oggi soffre allo stesso tempo della crisi della leadership e della partecipazione popolare. La nostra democrazia sia a livello nazionale che locale, sta vivendo una transizione che sembra non avere sbocchi. E in questo clima si fa strada l’appello a un uomo forte che risolva i problemi».

Il messaggio della Cei, Conferenza episcopale italiana è: ricucire, ricominciare e dare speranza. E questa la strada giusta? «C’è bisogno di questo per ricostruire il tessuto sociale nazionale, solo mettendo in funzione un circolo virtuoso tra leadership e partecipazione diverrà possibile un’autentica democrazia che realizzi il potere del popolo attraverso uomini onesti e capaci. Questo discorso ha un valore particolare per un territorio fragile come il Polesine che soffre di una scarsa rappresentanza politica sia a livello regionale che nazionale».

Giuliano Ramazzina