Movimento 5 stelle, i militanti polesani criticano i vertici

Successo alle elezioni politiche, ma tra i pentastellati della provincia di Rovigo: "Manca democrazia interna"

Ivaldo Vernelli (in piedi) l’altra sera all’hotel Cristallo

Ivaldo Vernelli (in piedi) l’altra sera all’hotel Cristallo

Rovigo, 8 marzo 2018 - Contestati Di Maio, Berti, Casaleggio e grande preoccupazione per «la democrazia interna». Il Movimento 5 Stelle sopra il 30 per cento aspira alla presidenza del consiglio dei Ministri.  Ma a Rovigo tra i militanti tira una brutta aria. Martedì sera alla sala Caminetto dell’hotel Cristallo di viale Porta Adige i «meetup» (cioè i gruppi locali) si sono dati appuntamento per parlare. Hanno invitato la stampa, anche se non erano tutti convinti e la mozione «porte aperte» è passata soltanto a maggioranza. 

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Una cinquantina i presenti, tra facce note e qualche sorpresa, come Benito Borella, consigliere comunale che (ma soltanto sulla carta) fa parte della maggioranza del sindaco leghista Massimo Bergamin. Con lui Riccardo Ferraresi, noto commerciante d’abbigliamento, presidente della nuova Ascom. Ma anche Gianni Marchesini, uomo di cda, banche, fondazioni, incarichi, che sarebbe più noto in ambienti si sinistra. Loro tre non sono intervenuti. È rimasta in silenzio anche la consigliera regionale Patrizia Bartelle.

Hanno parlato invece a più riprese alcuni militanti tra i quali Franco Conti, Carlo Costantini, i due consiglieri comunali rodigini Ivaldo Vernelli e Francesco Gennaro, che conduceva i lavori. E poi un gruppo di padovani seduti tra la prima e la seconda fila. All’ultimo punto c’era la contestazione a Jacopo Berti, consigliere regionale del Movimento e, di fatto, capo regionale, vicinissimo al capo politico nazionale Luigi Di Maio.

«Sono contento della vittoria, contento del risultato del Movimento, ma abbiamo un serio problema di democrazia interna da risolvere — ha detto Vernelli —. Ora i voti arrivano ma con la stessa velocità con cui sono arrivati possono andarsene via». Ma c’è chi ha lanciato accuse molto pesanti e dirette, come Conti, che ha contestato direttamente Di Maio, Berti e Casaleggio parlando di decisioni calate dall’alto. Il malcontento era generale, anche se il gruppo che si è ritrovato non è rappresentativo di tutti i militanti provinciali. Una donna, padovana, medico, ha parlato del proprio ricorso legale contro il Movimento per essere stata esclusa «senza spiegazioni» dalle liste delle «parlamentarie».

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In molti hanno addirittura manifestato delusione perché il Movimento 5 Stelle in Veneto non ha aumentato i consensi ed in certe zone sono addirittura diminuiti rispetto al 2013, anche se di fatto un elettore su quattro ha votato e continua a votare i «pentastellati». C’è chi ha dato come spiegazione la scarsa attività dei militanti. Ma anche chi ha accusato i consiglieri regionali di essere appiattiti sulle posizioni della Lega Nord di Zaia. Pesanti critiche anche ai vertici padovani.

Dito puntato contro le fiacche prese di posizione sulla stampa. Solamente Francesco Gennaro ha invitato tutti a riflettere, sostenendo l’effetto delle attività nelle piazze e nei consigli comunali è largamente sopravvalutato da molti militanti. Gli elettori non se ne curano minimamente e alle politiche votano senza badarvi.

Tant’è vero che Emanuele Cozzolino, espulso nei fatti, ha ottenuto il 25 per cento, ben più di Crivellari, il candidato Pd, radicato nel territorio. E perfettamente in linea con il resto del Veneto. «Ma a lungo andare il radicamento servirà per mantenere il consenso, così le cose non possono andare avanti», ha dichiarato Marco Polichetti, arrivato addirittura a ipotizzare un addio qualora non vengano risolti i problemi di «democrazia interna». 

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