"Dobbiamo avvicinare i bambini al rugby"

Una delle sfide del vicepresidente della Fir, Nino Saccà, tra i candidati a guidare la Federazione: "E riduciamo il numero degli stranieri"

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RUGBY

Oltre ad Alfredo Gavazzi, fra i sette candidati alle elezioni Fir, in programma il 13 marzo, c’è anche Nino Saccà. Nato a Livorno nel 1951, Saccà ha avuto la sua prima esperienza rugbistica nel Cus Pisa. Ha poi intrapreso gli studi per diventare avvocato non abbandonando mai il rugby. Ha avuto esperienza nel settore giovanile del Rugby Livorno e dal 2001 è vicepresidente della Federazione italiana rugby.

Il primo obiettivo è la crescita quantitativa per le competizioni nazionali e internazionali. Come?

"Il piano strategico quadriennale, che detta gli obiettivi del programma nel medio termine, prevede prioritariamente un Piano di sviluppo e reclutamento inclusivo di progetti riferiti al mondo della scuola, in riferimento al quale le relazioni devono essere rafforzate. Per l’attività internazionale la crescita che rileva è quella qualitativa e questa sarà direttamente proporzionale alla crescita del movimento nazionale: maggiore è il numero dei praticanti, maggiore sarà il livello della qualità".

Negli ultimi anni, purtroppo, il numero dei bambini che scelgono il rugby, è diminuito. Da qui nasce l’esigenza della promozione di questo sport nelle scuole. Come?

"Oltre la diminuzione di nuovi tesseramenti tra i giovanissimi, il fenomeno che deve preoccupare è quello della precocità dell’abbandono. Sappiamo che la scuola è il bacino in cui tutti gli sport cercano nuovi praticanti e ritengo che la soluzione sia da ricercare nel rafforzamento delle relazioni e delle progettualità con il mondo scolastico e nella valorizzazione della capacità formativa delle Società, cosicché l’incontro delle giovani leve con il gioco possa tradursi in una durevole relazione, senza la quale non può realizzarsi alcuna fidelizzazione".

Da parte sua c’è la volontà di ridurre il numero di giocatori stranieri all’interno della competizione di Top 10. Perché?

"I percorsi formativi in atto hanno messo in luce giocatori italiani di buona qualità, molti dei quali devono trovare nel Campionato Top 10, che rappresenta l’apice qualitativo del rugby nazionale, adeguati spazi per giocare e anche una seconda possibilità di puntare al rugby internazionale. Per questo motivo la diminuzione del numero dei giocatori stranieri, la maggior parte dei quali nulla aggiunge alla qualità del gioco, deve lasciare spazio, ai giocatori italiani. Il numero? Direi tre giocatori non di formazione italiana in lista gara, con un massimo di due extracomunitari, con relativo limite per quest’ultimi, di tesseramento".

Un altro punto fondamentale è quello della valorizzazione del territorio…

"L’Italia verrà divisa in quattro macroaree e nove macroregioni in cui trovano collocazione le singole realtà territoriali che rispondono alla necessità di rendere più capillare e organica l’attuazione e la verifica della proposta tecnica.

I tecnici regionali avranno nei tecnici di area, che sono responsabili della relativa macroregione, diretti e qualificati interlocutori dedicati a quei territori, che a loro volta, avranno un diretto interlocutore nel Tecnico Coordinatore delle singole macroaree, che si interfaccerà con il coordinatore Tecnico dell’attività nazionale.

Questi multipli livelli di competenze e responsabilità a livello regionale, di aggregazione tra regioni, tra aree geografiche e a livello nazionale, garantirà una concreta e organica attuazione delle politiche territoriali, consentendone una costante verifica e l’eventuale, tempestiva messa in atto di interventi correttivi".

Silvia Malanchin