Famiglia e lavoro. La scelta di Dejan Danza

Il giocatore di Bergantino si è ritirato dal calcio professionistico e ora si diverte nell’Union Vis Lendinara

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L’addio al calcio professionistico di Dejan Danza non è più una notizia, la scelta dell’ancora giovane centrocampista di Bergantino è arrivata più o meno a metà settembre scorso. Una scelta difficile, sicuramente pensata e ripensata, Dejan Danza ha certamente messo tutto sul piatto della bilancia e alla fine ha deciso che il calcio non poteva essere considerata la base per il futuro. Chievo, Juventus e Torino per l’avvio di una carriera che sembrava destinata al successo del predestinato, nel frattempo qualche infortunio di troppo e il sempre complicato rapporto con un ambiente che lascia troppo poco spazio ai caratteri miti, hanno costretto Danza a scegliere un ridimensionamento che, anno dopo anno, lo ha portato fino alla serie D. Un girovagare partito dalla Pro Vercelli, poi a Sant’Arcangelo, Reggio Emilia, Pordenone, Fano, Calvisano e, infine, l’ultimo campionato di serie D a Messina, nel frattempo la nascita del primogenito e a 26 anni non ancora compiuti la decisione, forse anche un po’ amara, di lasciare il calcio professionistico per dedicarsi alla famiglia, a una nuova professione e ad un calcio giocato a livelli compatibili con il rispetto dei nuovi importanti impegni. Campione d’Italia Primavera con il Torino, in quella stagione una serie di prestazioni di altissimo profilo, la fascia da capitano, una tripletta a Gigio Donnarumma e la realizzazione di uno dei rigori decisivi nella finale del campionato sono solo alcune delle perle incastonate nella troppo breve carriera di Dejan Danza. In una intervista rilasciata a un quotidiano piemontese, immediatamente successiva alla decisione presa, il centrocampista polesano elenca tutta una serie di motivazioni che definiscono tutte le limitazioni di un mondo che sembra paillettes e lustrini ma che, in realtà, offre l’opportunità a pochi, pochissimi atleti. Nonostante il valore, nonostante le qualità umane del singolo soggetto, il calcio professionistico non è niente di più, niente di meno, di un’azienda, fredda, calcolatrice, all’interno della quale il tempo non è concesso. Danza racconta di una serie D dove non sono pagati i contributi ai calciatori e di una serie C che in molti casi equipara la paga di un calciatore a quella di un operaio. Niente di male, ma a questi livelli è comprensibile che un atleta decida di scegliere la famiglia, una professione e, soprattutto, una vita tranquilla. E poi, in ogni caso, questo ragazzo avremo la possibilità di ammirarlo da vicino, pandemia e ripresa dei campionati permettendo, considerato il fatto che le chiavi del centrocampo dell’Union Vis Lendinara sono nelle sue mani. Un lusso assoluto per la categoria.

Sandro Partesani