"Lacrime di gioia, come vincere la medaglia"

Federica Guarniero, ex ciclista, commissario di gara per le Olimpiadi di Tokyo 2021 racconta la sua avventura in Giappone

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"Giochi finiti con le lacrime agli occhi per la felicità di esser stata qui, tutto è andato bene e alla fine la tensione è paragonabile a quella che si prova quando si gareggia e si vince la medaglia d’oro. Un’esperienza indimenticabile", così Federica Guarniero, polesana ed ex ciclista, commissario di gara per le Olimpiadi di Tokyo 2021 racconta la sua avventura in Giappone, dal primo giorno quando è arrivata nel villaggio olimpico, all’arbitraggio delle gare fino al suo ritorno. Per lei l’esperienza si è conclusa e oggi sarà di nuovo nella sua Rovigo. Federica Guarniero si è trovata ad affrontare un compito non certo facile per una giovane donna che negli anni non si è mai arresa di fronte alle difficoltà e, corso dopo corso, con grande determinazione, è arrivata ad un traguardo che nemmeno immaginava di poter raggiugere. "Facciamo un test della saliva tutti i giorni – la cronaca del suo diario da Tokyo – inseriamo in una app la nostra temperatura. Non abbiamo paura ma tutti usiamo la mascherina e usiamo tutte le precauzioni possibili". Dalle misure per difendersi dal Covid alle gare. "Il secondo giorno è finito – racconta ancora –. Anche oggi allenamenti, bel tempo. Oramai facciamo il conto alla rovescia per la prima gara". Emozioni con un po’ di tensione. "Per ora tutto sembra andare bene – così ricostruisce il clima di quei giorni in Giappone – non si avverte in generale la tensione delle Olimpiadi, secondo me crescerà con il passare delle ore". Fino alla partenza per fare ritorno nella sua città, in Polesine, a migliaia di chilometri dal Giappone. Con lo sguardo già ai prossimi obiettivi, i mondiali a Graz e le competizioni in Val di Sole. "Per me i giochi sono finiti, non trovo le parole per raccontare quello che ho vissuto", dice con entusiasmo. "La passione per i ciclismo – ripercorre la sua storia sportiva – è iniziata a 11 anni, con la Bosaro Emic, in realtà un po’ per caso. Il vero appassionato della bicicletta era mio fratello, che per la comunione aveva chiesto una bici. I miei genitori ne regalarono una anche a me, ed iniziammo ad allenarci insieme. Lui ha continuato mentre io a 18 anni mi sono fermata. Lo facevamo per motivi diversi, lo soprattutto per divertirmi, per stare in compagnia e conoscere le persone. Non volevo però abbandonare questo mondo e ho scelto di fare il giudice di gara. Aver fatto la ciclista mi ha aiutato, capire le particolarità di questa disciplina non è semplice. All’epoca facevo la 5ª superiore, quindi dovevo studiare per la maturità, stavo facendo l’esame per la patente e il sabato pomeriggio andavo a Padova a studiare per diventare commissario di gara. Ho preso la patente e dopo 10 giorni ero giudice di gara. Qualche settimana dopo mi sono diplomata. Quando mi prefiggo degli obiettivi non c’è niente che possa distogliermi da essi. Durante il periodo universitario ho iniziato a lavorare come giudice, dopo 6 anni di esperienza potevo ambire alla carica nazionale. Nel 2000, quindi, ho deciso di fare il corso e l’ho superato. Nel 2006 ho provato a fare l’esame per ricoprire la carica internazionale, un corso tutto in inglese con persone che arrivavano da ogni parte del mondo. Sono riuscita a superare anche quello, guadagnandomi la possibilità di poter viaggiare in tutto il mondo. Successivamente la Federazione Ciclicstica Italiana aveva indetto il corso per internazionale elite strada, ho pensato ‘perchè non provare?’. Ho passato la preselezione e anche il corso. Dieci giorni dopo ho superato anche quello per pista. Ma la soddisfazione maggiore è stata quando ho superato la preselezione per commissario per l’unione ciclistica internazionale per fare ciclo cross risultando la migliore. Le olimpiadi – torna all’avventura che si è appena conclusa – erano un sogno nel cassetto. Quando è arrivata la mail di convocazione credevo di sognare. Ricordo che chiesi a mia madre di leggerla, perché non ci credevo. Quando ho capito che la mail era vera ho pianto".

Agnese Casoni