"Stop al campionato, la soluzione più giusta"

Lorenza Visentini, direttore generale e sportivo del Delta Porto Tolle: "Il timore è che la sosta possa essere prolungata"

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Una famiglia che ha fatto del pallone una passione ed una professione. Quasi un simbolo a Porto Tolle. Mario Visentini, patron del Delta, e la figlia Lorenza Visentini, direttore generale e direttore sportivo della società, sono al timone da anni di questa avventura che ha i colori biancoazzurri e che ha avuto i suoi albori nel 1999. Da queste parti, in quell’angolo di terra tra fiume e mare, il Delta è da sempre una fede. Lorenza Visentini è entrata in questo mondo con decisione, un tocco rosa contro lo stereotipo che vede il calcio appannaggio degli uomini.

Cosa significa lo stop per la serie D e la vostra societa’?

"Non è quello che ci si aspettava al momento dell’iscrizione. E’ un campionato nazionale, quindi la decisione se proseguire o meno non poteva certo essere divisa per gironi. Credo che la soluzione più giusta sia quella che è stata adottata. Uno stop alle gare ufficiali, recupero di quelle rinviate e comunque gli allenamenti che continuano. Se questo è il prezzo da pagare non ci possiamo lamentare. La paura è che la sosta possa prolungarsi per via di un peggioramento dell’emergenza Covid. Speriamo di no per tutti. Per la nostra società la sosta dopo 8 partite giocate in meno di un mese non è un aspetto così negativo. Cerchiamo di cogliere quello che c’è di buono in questa situazione".

Siete in testa alla classifica, la lontananza dai campi può influire sulla tenuta dei giocatori, sul morale?

"La lontananza dal calcio giocato sicuramente fa perdere il ritmo partita, però parliamo di una sosta di 1520 giorni quindi non troppo lunga da compromettere la tenuta fisica o il morale. Tra l’altro ci si continuerà ad allenare"

Una famiglia da sempre nel calcio. Onori e oneri

"Mio papà è in questo mondo dal 2005, è una passione che ha sempre avuto e che ha poi trasmesso ai figli. Gli oneri ed onori purtroppo sono legati alla classifica. Se le cose vanno bene siamo i più bravi di tutti e se invece vanno male non capiamo nulla di calcio. Ma fa parte del gioco, non è questo che ci scoraggia"

Una donna nella dirigenza. Come è nata questa passione? Come vive questo mondo da sempre ritenuto un terreno per soli uomini?

"Sono ormai tanti anni e ho ricoperto tanti ruoli all’interno della società. La passione me l’ha trasmessa mio papà, anche se fin da piccola mi è sempre piaciuto il calcio. Per come lo vivo è un lavoro come un altro. Ci serve impegno, tempo, dedizione e pazienza. Se un lavoro poi ti piace non esistono sacrifici e rinunce. Poi la diffidenza degli uomini è più un problema loro che mio. Sinceramente, dopo tanti anni posso dire che esistono tanti uomini che si occupano di questo sport e che non ci capiscono molto. Ma in quanto uomini partono comunque davanti a te. Il punto è che se decidi di fare un lavoro ritenuto ‘maschile’ devi avere la consapevolezza che le critiche saranno doppie e i pregiudizi non mancheranno, bisogna far parlare i fatti. Forse l’unico modo per far tacere tanta gente".

Hai mai giocato a calcio?

"Ho praticato per anni la pallavolo, uno sport che amavo molto. Poi con l’università e il lavoro non sono più riuscita a giocare"

Fondare una squadra di sole donne?

"Sarebbe molto più impegnativa di quella maschile. A parte gli scherzi non abbiamo pensato di farlo principalmente per via del bacino di utenza, si fa fatica a trovare ragazzi under immaginiamo ragazze"

Come considerano le tue amiche questa passione?

"Tra amiche gli argomenti sono altri sinceramente. Sono talmente pochi i momenti in cui trovo tempo per loro che quando ci vediamo l’ultimo degli argomenti è il calcio"

L’allenatore e i giocatori, riesce a farsi rispettare?

"Perché non dovrebbero avere rispetto? Io parto dal principio che se tu porti rispetto le persone che hai davanti ( maschio o femmina) lo ricambiano. Non ho mai avuto problemi in questo senso, anzi".

Mario Bovenzi