
Il primario di Medicina interna Marco Domenicali con la sua équipe
Ravenna, 5 luglio 2025 – Cadere a terra e finire a letto per settimane. Un’esperienza che talvolta segna un prima e un dopo nella vita di un anziano, che fatica a recuperare mobilità e vitalità. Da qui nasce lo studio che vede collaborare l’Università di Bologna e l’Ausl Romagna, con promotori Marco Domenicali, primario di Medicina interna 1 con indirizzo invecchiamento e fragilità all’ospedale di Ravenna, e Alessandro Silvani, professore associato del dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna.
L’obiettivo è individuare il rischio di caduta dei singoli pazienti e prevenire l’episodio. “Le cadute sono un evento molto sottovalutato – spiega Domenicali –. La possibilità di cadere aumenta in maniera significativa dopo i 65 anni per una serie di fattri che vanno dalla perdita di massa muscolare ad alcune patologie tipiche dell’invecchiamento. Al momento abbiamo dei test che ci permettono di individuare i pazienti a rischio: indagano la presenza di patologie o di comportamenti funzionali, ma sono poco precisi, ci permettono di identificare porzioni di popolazione a rischio ma non di fare previsioni sul singolo”.
Da qui lo studio, che coinvolgerà 1.000 pazienti over 65, buona parte dei quali ancora da arruolare: “Li sottoponiamo al test di rischio ’Frat up’ – prosegue Domenicali –, descritto da un gruppo di ricerca coordinato dal professor Lorenzo Chiari, bioingegnere che si occupa di movimento. Il test si è dimostrato più efficace di altri nell’individuare il rischio di caduta”.
I partecipanti alla ricerca dovranno rispondere a una serie di domande e a misurazioni effettuate da sensori che dovranno indossare due volte all’anno per una settimana: una cintura e un dispositivo da polso. “Una volta al mese li chiameremo per fare loro una serie di domande legate all’ultimo periodo – aggiunge Domenicali –. Vedremo quante volte cadono, chi cade di più, e avremo dati precisi: questo permetterà di sviluppare un algoritmo con l’obiettivo di prevedere facilmente il rischio di caduta”. Lo studio è partito da cinque mesi e terminerà alla fine del 2026: 200 i soggetti coinvolti finora, 100 nel Bolognese e 100 nel Ravennate, perlopiù pazienti dimessi dopo il ricovero. Collaborano nella nostra città i reparti di Chirurgia generale diretto da Giampaolo Ugolini, Cardiologia diretta da Andrea Rubboli e Nefrologia diretta da Andrea Buscaroli. I giovani ricercatori che seguono il progetto sono Maria Colotti, Thomas Fiumana, Paola Di Florio e Francesco Palmese.
“Identificando il rischio di caduta si può rivedere la terapia dei pazienti – spiega Domenicali – perché ci sono farmaci che lo aumentano. Così come posso prescrivere più attività motoria, o arrivare a diagnosi di patologie. L’artrosi aumenta il rischio perché irrigidisce le articolazioni. Iniziare preventivamente a lavorare sulle cause delle cadute riduce il rischio e aumenta la qualità della vita. Noi iniziamo a perdere massa muscolare a 25 anni, una persona di 65 anche se in salute perde massa muscolare da 40 anni e le sue performance si riducono. Ma è anche questione di farmaci: una terapia ipotensivante che andava benissimo a 50 anni non è detto che sia la migliore anche a 65, alcune possono aumentare il rischio. La popolazione over 60 utilizza molto anche le benzodiazepine per disturbi del sonno, ma interagiscono con i meccanismi dell’equilibrio, aumentando il rischio. Le cadute hanno conseguenze anche emotive: alcuni pazienti poi sviluppano la depressione, cercano di uscire il meno possibile pensando così di diminuire il rischio, ma non è così: la maggior parte delle cadute avviene in casa”.