Cesare Cremonini direttore per un giorno. "Il giornale serve per educare"

Il cantante martedì in redazione dirà la sua sui contenuti. L'iniziativa nell'ambito delle celebrazioni per i 130 anni del Carlino (LO SPECIALE) di Andrea Spinelli

Cesare oggi, durante l’ultimo ‘Logico Tour’ (foto Olycom)

Cesare oggi, durante l’ultimo ‘Logico Tour’ (foto Olycom)

Bologna, 22 marzo 2015 - VENERDI’ 27, giorno del suo trentacinquesimo compleanno, Cesare Cremonini si regala un nuovo singolo, Buon viaggio (Share the love), da mettere nel cassetto accanto alla 46 scritta per l’amico Valentino (Rossi) e a un altro paio di inediti su cui sta lavorando al momento tra Bologna e Reggio Emilia in vista di un nuova avventura artistica da mettere in campo tra primavera e autunno. Intanto, però, martedì abbandona i suoi latin lover e le sue stelle di Broadway per scivolare nei panni di giornalista nella nostra redazione, per entrare nella macchina del giornale e vedere l’effetto che fa. «Il Carlino ha un legame talmente forte con la città che si studia già a scuola - spiega -. Io, ad esempio, l’ho scoperto in seconda elementare, quando la maestra Mantinovi ci tenne una lezione sulla storia del giornale».

Qual è la prima parte che legge? «Al contrario dell’italica abitudine di partire dall’oroscopo per poi passare allo sport e alle altre parti, io comincio dalla politica e dalla cronaca nazionale; perché li ci sono cose che poi di solito non approfondisco nel resto della giornata su Twitter o sugli altri social».

Vale a dire? «Dal mio giornale voglio quello che non posso trovare altrove; l’editoriale del direttore, l’approfondimento, l’intervista esclusiva».

Una critica che viene fatta alla stampa italiana è quella di essere troppo ripiegata sulle questioni interne e troppo poco su quelle internazionale. Lei come la vede? «Tutti i nostri giornali dedicano ampi spazi alla politica interna e alla cronaca nera, perdendo talvolta di vista una seria contestualizzazione del nostro paese nell’Europa e nel mondo. E se questo può rispondere agli interessi di un pubblico adulto e anziano, per noi giovani sarebbe più utile parlare di Europa e di quel che si muove attorno».

Dunque in Italia la formula per vendere giornali delle “tre esse”, sangue-sesso-soldi, è ancora valida? «Sostanzialmente, sì. Ma se i quotidiani facessero scelte editoriali mirate anche su quel pubblico che per informarsi di certi argomenti deve ricorrere a settimanali e periodici vari, allargherebbero la base del loro consenso».

Seduto per un giorno alla scrivania di direttore cosa farebbe? «Più che cambiare il giornale mi piacerebbe puntare su un’intervista particolare. Quella a un politico internazionale o, perché no, al presidente del consiglio»

In questi ultimi anni i giornali si sono, di fatto, sdoppiati; da un lato c’è il cartaceo e dall’altra il web, con linee editoriali e contenuti meno istituzionali... «E’ giusto che sia così, anche se alla quattrocentesima volta che il sito di un quotidiano ti fa vedere il filmato del misconosciuto calciatore russo che fa gol da centrocampo, non ne puoi più. Va bene un’informazione un po’ più ‘light’ rispetto a quella tradizionale, ma con fantasia».

C’è un limite al diritto di cronaca? «Penso andrebbero innalzati soprattutto i livelli di privacy attorno alle persone che vivono accanto ai personaggi pubblici, perché loro sono totalmente fuori dal gioco e non possono ritrovarsi senza motivo nell’occhio dei media. Ma si tratta di una scelta di campo imputabile ai direttori e agli editori, piuttosto che alla pretesa morbosità del pubblico. Certo, nel lettore medio è sempre più forte la tentazione di andarsi a vedere una foto del fondoschiena di Belen piuttosto che a cercarsi una notizia internazionale, ma questo non vuol dire che le due cose pari siano».

Il giornale deve limitarsi ad offrire un servizio informativo o anche educare il lettore? «Il quotidiano ha certamente una responsabilità educativa, per questo al suo interno dovrebbe esserci libertà di espressione, molteplicità di vedute e diversità di orientamenti. Poi c’è il linguaggio, che non deve essere aulico ma nemmeno troppo elementare, perché deve rappresentare uno sprone al lettore per migliorarsi».

Veniamo alle canzoni. L’altra sera a Milano sul palco degli On Stage Awards, gli oscar della musica live italiana, lei ha fatto razzia di statuette aggiudicandosi con il ‘Logico Tour’ quelle riservate al miglior artista, al miglior spettacolo, e all’ “inno live” dell’anno... «Si tratta di tre riconoscimenti importanti e quello a cui tengo di più è il premio per il miglior show; con la musica ‘liquida’ di oggi, infatti, il palco diventa sempre più il luogo della verità. Se di questi tempi farsi ascoltare è abbastanza semplice, riuscire a farsi amare è molto più difficile».

Prego? «Grazie al web oggi con un semplice clic, qualsiasi artista può arrivare in tutte le case, ma quanta gente è disposta ad andare da lui? Convincere il pubblico a lasciare la poltrona, mettersi in auto, e raggiungerti in un teatro o in un palasport è infinitamente più complicato. Quindi considero il successo dell’ultimo tour il premio più grande al mio impegno quotidiano nella musica».

 

di Andrea Spinelli

 

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