
Stella Walter Bonatti - The Italian journalist and mountaineer Walter Bonatti smiling holding an ice axe. He is among the survivor of an expedition to Mont Blanc's Central Pillar (Pilier Central du Freney). Courmayeur, July 1961. ©MP/Portfolio/Leemage (Photo by Sergio del Grande / leemage / Leemage via AFP)
Cosa si è disposti a fare pur di raggiungere la vetta? Questa domanda dal carattere così universale è alla base della leggendaria impresa della conquista italiana del K2, datata 31 luglio 1954. E si tratta di una domanda niente affatto retorica, perché la spedizione tricolore che per prima in assoluto salì in cima alla seconda montagna più alta del mondo (8.611 metri) dovette affrontare prove impensabili che misero a rischio la vita stessa degli alpinisti. E perché per poter raggiungere quel traguardo, non mancarono colpi bassi, decisioni discutibili e lunghissime polemiche.
I fatti: seguendo la via dello Sperone degli Abruzzi, il 31 luglio di settantuno anni fa Achille Compagnoni e Lino Lacedelli salirono sulla vetta della montagna, unici tra i trenta componenti della spedizione guidata da Ardito Desio. Fu il successo di due mesi di lavoro sul campo e il riscatto agli occhi del mondo di una Nazione che, neanche dieci anni prima, era uscita sconfitta e con le ossa rotte dalla Seconda Guerra Mondiale. Ma il trionfo fu presto offuscato da polemiche destinate a durare cinquant’anni: in particolare, nella relazione ufficiale di Desio adottata dal Cai come ufficiale venne sminuito, quando non del tutto ignorato, il ruolo svolto da Walter Bonatti nelle fasi finali della spedizione, decisivo invece per permettere a Compagnoli e Lacedelli di arrivare alla vetta. Una ferita che sanata solo nel 1994 – con una relazione aggiornata del Cai – e chiusa nel 2004 con l’ultimo e definitivo documanto affidato dal Cai a tre saggi, che riconobbe con precisione ruoli e meriti di tutti.