Marco Bilancioni
il Carlino: 140 anni di storia

Forlì, reinventarsi è arte. La città ha cambiato pelle e ora punta sulla Cultura

Attorno alla ’carcassa’ della fabbrica Eridania nascerà un parco; l’ex Gil diventerà un museo

(DIRE) Forlì, 5 feb. - La xilografia "Madonna con bambino", identificata dalla Chiesa e dalla comunità forlivese come "Madonna del Fuoco", sarà protagonista dell'edizione speciale della rassegna d'arte "Un'Opera al mese" promossa dal Comune romagnolo. Domenica prossima 9 febbraio in Duomo a Forlì si approfondirà dunque la storia dell'immagine a stampa della patrona della città appena festeggiata, grazie alla disponibilità del vescovo Livio Corazza che per l'occasione ne ha consentito la visione al pubblico all'inizio del presbiterio. La xilografia è miracolosamente sopravvissuta all'incendio che nel febbraio del 1428 ha distrutto interamente la scuola di Forlì dove era custodita e venerata. E come sottolineano il sindaco Gian Luca Zattini e il vicesindaco Vincenzo Bongiorno, l'appuntamento di domenica rappresenta "un bell'omaggio a Forlì e alla nostra Patrona, a quasi 600 anni dall'anniversario del miracolo". L'effige della Madonna del Fuoco è un "elemento identitario" della comunità, "caro a tutti i forlivesi, credenti e non". E con questa iniziativa si vuole valorizzare il significato sia storico che artistico di questa "straordinaria immagine". "Accogliamo ben volentieri in Duomo la rassegna", aggiunge monsignor Corazza ringraziando "tutti coloro che hanno contribuito a realizzare questo approfondimento storico-culturale del quadro" e "coloro che vorranno essere presenti". A raccontare la xilografia sarà la storica dell'arte Silvia Urbini: durante i giorni che celebrano la Patrona, spiega, l'iniziativa propone "una riflessione su questa straordinaria immagine, considerando in particolare gli aspetti che riguardano il settore tecnico e artistico da cui proviene, quello dell'incisione xilografica". Si tratta di un'immagine sacra destinata a uomini comuni. Come era il maestro Lombardino, "del quale possiamo immaginare la modesta aula, sulle cui pareti spiccava questa Madonna col Bambino di carta dai colori smaglianti, miracolosamente sfuggita al rogo della sua casa la notte del 4 febbraio 1428". Un'opera "taumaturgica- prosegue- profondamente radicata nella storia di Forlì", oggetto, tra gli altri, di uno studio monografico di Lisa Pon e della recente pubblicazione di Salvatore Ricca Rosellini. E con "molti livelli di lettura" con la produzione xilografica che intreccia cultura alta e popolare. Durante gli anni d'oro di questa pratica, osseva la studiosa, dall'inizio del Quattrocento fino alla seconda metà del Cinquecento, l'Europa era invasa da fogli affini alla Madonna del Fuoco, "che viaggiavano veloci e leggeri nelle cartelle dei colporteurs. Erano produzioni figurative a basso costo, stampate in moltissime copie da matrici lignee, molto più resistenti rispetto alle lastre di rame da cui si producevano le incisioni a bulino". Quasi nulla è rimasto di questa produzione, soprattutto in Italia. Non solo a causa del deperimento di questi fogli che erano oggetti d'uso, inchiodati alle pareti o cuciti nei vestiti; anche per un pregiudizio di critici e collezionisti. La Madonna del Fuoco fa parte di un gruppo di grandi xilografie eseguite nel XV secolo e nel Rinascimento e al suo fianco sarà esposta la coeva lunetta attribuita al Mastro Pedrino, una tempera su tavola conservata in Duomo che illustra sia il miracolo originario, sia il successivo trasporto della xilografia in chiesa. E, a cura della Biblioteca Saffi, si potranno ammirare alcune testimonianze delle Raccolte Piancastelli riferite alla vicenda della Madonne del Fuoco: una collezione di stampe antiche che riproducono il miracolo e l'immagine su un trono di fiamme, con sole e luna; il volume del 1637 di Giuliano Bezzi "Il Fuoco trionfante" che narra e illustra la processione dedicata alla Madonna del Fuoco organizzata nel 1636 nelle vie del centro storico. (Som/ Dire) 17:04 05-02-2

(DIRE) Forlì, 5 feb. - La xilografia "Madonna con bambino", identificata dalla Chiesa e dalla comunità forlivese come "Madonna del Fuoco", sarà protagonista dell'edizione speciale della rassegna d'arte "Un'Opera al mese" promossa dal Comune romagnolo. Domenica prossima 9 febbraio in Duomo a Forlì si approfondirà dunque la storia dell'immagine a stampa della patrona della città appena festeggiata, grazie alla disponibilità del vescovo Livio Corazza che per l'occasione ne ha consentito la visione al pubblico all'inizio del presbiterio. La xilografia è miracolosamente sopravvissuta all'incendio che nel febbraio del 1428 ha distrutto interamente la scuola di Forlì dove era custodita e venerata. E come sottolineano il sindaco Gian Luca Zattini e il vicesindaco Vincenzo Bongiorno, l'appuntamento di domenica rappresenta "un bell'omaggio a Forlì e alla nostra Patrona, a quasi 600 anni dall'anniversario del miracolo". L'effige della Madonna del Fuoco è un "elemento identitario" della comunità, "caro a tutti i forlivesi, credenti e non". E con questa iniziativa si vuole valorizzare il significato sia storico che artistico di questa "straordinaria immagine". "Accogliamo ben volentieri in Duomo la rassegna", aggiunge monsignor Corazza ringraziando "tutti coloro che hanno contribuito a realizzare questo approfondimento storico-culturale del quadro" e "coloro che vorranno essere presenti". A raccontare la xilografia sarà la storica dell'arte Silvia Urbini: durante i giorni che celebrano la Patrona, spiega, l'iniziativa propone "una riflessione su questa straordinaria immagine, considerando in particolare gli aspetti che riguardano il settore tecnico e artistico da cui proviene, quello dell'incisione xilografica". Si tratta di un'immagine sacra destinata a uomini comuni. Come era il maestro Lombardino, "del quale possiamo immaginare la modesta aula, sulle cui pareti spiccava questa Madonna col Bambino di carta dai colori smaglianti, miracolosamente sfuggita al rogo della sua casa la notte del 4 febbraio 1428". Un'opera "taumaturgica- prosegue- profondamente radicata nella storia di Forlì", oggetto, tra gli altri, di uno studio monografico di Lisa Pon e della recente pubblicazione di Salvatore Ricca Rosellini. E con "molti livelli di lettura" con la produzione xilografica che intreccia cultura alta e popolare. Durante gli anni d'oro di questa pratica, osseva la studiosa, dall'inizio del Quattrocento fino alla seconda metà del Cinquecento, l'Europa era invasa da fogli affini alla Madonna del Fuoco, "che viaggiavano veloci e leggeri nelle cartelle dei colporteurs. Erano produzioni figurative a basso costo, stampate in moltissime copie da matrici lignee, molto più resistenti rispetto alle lastre di rame da cui si producevano le incisioni a bulino". Quasi nulla è rimasto di questa produzione, soprattutto in Italia. Non solo a causa del deperimento di questi fogli che erano oggetti d'uso, inchiodati alle pareti o cuciti nei vestiti; anche per un pregiudizio di critici e collezionisti. La Madonna del Fuoco fa parte di un gruppo di grandi xilografie eseguite nel XV secolo e nel Rinascimento e al suo fianco sarà esposta la coeva lunetta attribuita al Mastro Pedrino, una tempera su tavola conservata in Duomo che illustra sia il miracolo originario, sia il successivo trasporto della xilografia in chiesa. E, a cura della Biblioteca Saffi, si potranno ammirare alcune testimonianze delle Raccolte Piancastelli riferite alla vicenda della Madonne del Fuoco: una collezione di stampe antiche che riproducono il miracolo e l'immagine su un trono di fiamme, con sole e luna; il volume del 1637 di Giuliano Bezzi "Il Fuoco trionfante" che narra e illustra la processione dedicata alla Madonna del Fuoco organizzata nel 1636 nelle vie del centro storico. (Som/ Dire) 17:04 05-02-2

Quando si arriva in treno da ovest, poco prima di entrare in stazione a Forlì si scorge dai finestrini l’enorme sagoma dell’ex Eridania coperta dalla folta vegetazione: lo zuccherificio era stato inaugurato 125 anni fa, vicino alla linea ferroviaria come molte industrie dell’epoca. Ma Forlì – che tanti suoi abitanti vedono immobile – è una città che è cambiata di continuo. Perfino la stazione non è più dov’era. Mutare pelle non è facile: l’Eridania ha chiuso nel 1972; nel frattempo sono state stravolte perfino le regole sulla barbabietola da zucchero, un doloroso taglio alle radici contadine. Ma la fabbrica è stata acquistata dal Comune: tutt’attorno nascerà un parco, e poi chissà.

Lo speciale sui 140 anni del Carlino

È l’immagine simbolo di un tempo – e, a volte, di una città – in sospeso tra un passato remoto e un futuro da concretizzare. Altri luoghi hanno rotto il legame con la loro storia per abbracciare la svolta: l’antico convento di San Domenico? Ora è un museo capace di attirare quasi due milioni di visitatori in vent’anni di grandi mostre. L’ospedale intitolato al padre della moderna anatomia patologica, Giovan Battista Morgagni? È diventato il Campus, l’università, che ospita Medicina, ha lanciato Ingegneria nautica e guarda verso le stelle con Ingegneria aerospaziale, un fiore all’occhiello capace di collaborare con l’Esa, l’agenzia spaziale europea. L’ex Gil, la sede della Gioventù italiana del littorio nella città cara a Benito Mussolini? Sta per diventare un altro museo (dedicato alla ginnastica) e un auditorium per la musica. La stazione delle corriere? Un teatro. Sì, Forlì sta cambiando. E non ha ancora terminato la propria trasformazione.

La città non ha un ‘padrone’ né nel mondo economico né in quello politico. Le principali fabbriche storiche hanno capitali non forlivesi: multinazionali come l’Electrolux o cinesi come Ferretti. E da tempo era andato in crisi il rapporto con l’antica tradizione della sinistra: l’ultima sindaca erede del Pci fu sconfitta nelle primarie del suo stesso partito già nel 2008, l’ultimo strappo risale al 2019 con la prima giunta di centrodestra (confermata nel 2024). Esaurita una fase propulsiva da plasmare nel cemento, come la diga di Ridracoli, il Palafiera o il discusso centro commerciale, Forlì poteva diventare un grande dormitorio all’ombra del resto della Romagna oppure re-inventarsi. Ha scelto la seconda opzione. Un percorso iniziato negli ultimi vent’anni, soprattutto con gli investimenti sulla cultura: grandi mostre d’arte, poi il filone della fotografia (entrambi sotto l’egida della Fondazione Cassa dei Risparmi), vari festival, il sogno dell’Unesco per il liscio e per l’architettura del Novecento, ora la candidatura a capitale italiana della cultura 2028. Una rivoluzione coraggiosa e continua, che ha il fascino (e il problema) di non essere ancora terminata: la Ripa – ex monastero, con uno dei chiostri più grandi d’Europa, ex caserma – deve diventare archivio e studentato. Il governo ha già stanziato 12 milioni ma ne serviranno 50. Allo stesso modo, anche la Rocca di Caterina Sforza, antica Signora di Forlì, resterà libera dal carcere e tornerà fruibile. Dovrà inventarsi un’identità, l’ennesima.