
Vittorio Bonetti, musicista di Alfonsine: "Da piccolo mi vergognavo a cantare. Ora suonerò con Ligabue. Paolo Conte? Un maestro"
Una vita per la musica, una voce inconfondibile e senza dubbio la Romagna nel cuore.
Vittorio Bonetti, nato ad Alfonsine, come è nata la sua passione per la musica?
"L’opera era la passione di mio padre. Ho studiato pianoforte per qualche anno, all’inizio mi divertivo ma poi non avevo voglia di studiare. Ho smesso, poi quando ero più grande ho ricominciato a suonare. La musica non mi ha più lasciato. Negli anni ho cercato di colmare le lacune".
A cosa sta lavorando?
"Varie collaborazioni, un omaggio a Lucio Dalla, suonerò con Ligabue, poi con Carlo Lucarelli. Non solo musica, mi piace avvicinarmi ad altre forme d’arte".
Che rapporto ha con la sua terra?
"Sono riuscito a riportare la Romagna nelle canzoni di ‘Made in Romagna’ un progetto che volevo realizzare da tantissimo tempo. Sono orgoglioso perché in quel disco ci sono tantissime persone. Ultimamente l’ho ristampato con una canzone che ha un testo di Nadiani e abbiamo coinvolto il coro di Russi".
Cosa le piace del collaborare con altri artisti?
"Da piccolo mi vergognavo a cantare, poi quando ho iniziato il mio referente è sempre stato il pubblico. Le collaborazioni nascono con l’idea di condividere ulteriormente la musica".
I suoi testi sono impegnati secondo lei?
"Sì. Ho sempre cercato di raccontare e dare degli spunti, anche durante le esibizioni. Oggi vedo le guerre e il bisogno che abbiamo di pace."
A ’The Voice’ si è esibito con una canzone di Paolo Conte.
"Il maestro. È uno dei miei idoli, le sue musiche mi fanno sognare".
C’è una canzone di Conte a cui è particolarmente legato?
"Una canzone che suonavo alle feste di cuore dalle 23.30 alle 5 del mattino, verso la fine, la Milonga".
Ha un rapporto speciale anche con le nuove generazioni?
"Mia figlia un giorno mi fece ascoltare una canzone di Brunori Sas. L’aveva scritta Guccini. Arrivato a casa ho chiamato Guccini e l’ho ringraziato perchè in una sua canzone una giovane aveva trovato una trasmissione emotiva. Questo è il senso".
E di Lucio Dalla che ci dice? "Una volta ero in Piazza Maggiore a Bologna, cantai Caruso, arrivò Lucio Dalla in bicicletta. Qualche tempo dopo parlai con Dalla e lo ringraziai per quella canzone. Lui mi disse che le canzoni devono viaggiare. Quel pensiero l’ho fatto mio".
Damiano Ventura