La parola disarmata, che calma e racconta, che condivide e spiega. Lo ha chiesto il nuovo Papa, Leone XIV, parlando di una comunicazione che deve essere un abbraccio e non una pietra che ferisce, di un giornalismo che accompagna e non condanna. Sono parole che usa spesso anche l’arcivescovo di Fermo, Rocco Pennacchio. In occasione dei 140 del Resto del Carlino, gli abbiamo chiesto una riflessione su quale può essere oggi il ruolo di una testata locale, in una comunità come quella fermana. Un Vescovo molto vicino alla città, impegnato in una comunicazione che sia trasparente e coinvolgente, alla guida della Diocesi più grande di tutte le Marche. Quale il compito del mondo della comunicazione in generale, di fronte ad una realtà spesso difficile e complessa? Come possiamo disarmare le parole e trovare comunque l’attenzione delle persone che sono chiamate ad ascoltarci? "Di fronte alla complessità della realtà l’operatore della comunicazione deve porsi la domanda: come raccontare la realtà nella maniera più obiettiva possibile? Io credo che, soprattutto in una comunità locale, non si debba avere l’ansia di essere il primo a dare la notizia ma avere l’ansia che la notizia sia documentata e il più possibile corrispondente alla realtà. Se l’obiettivo è l’audience allora la parola deve essere armata, se l’obiettivo è una informazione che raggiunga il cuore e anche il senso di responsabilità di chi ascolta, che non ha bisogno di essere raggirato con un tono violento, non dobbiamo avere timore di una comunicazione disarmata, che non sia muscolare né aggressiva. Certo può succedere che questo crei meno audience ma dobbiamo sempre chiederci se l’obiettivo di una testata giornalistica possa essere solo quello di un certo numero di vendite e di clic". Fermo è stata al centro di un evento immenso, organizzato con le edizioni Paoline, un festival della comunicazione che ha visto tutto il territorio fermano protagonista. Ogni anno incontra i protagonisti della comunicazione del nostro territorio, che significato ha per l’Arcivescovo quel momento di incontro e di riflessione? "Penso che avere un momento simile tra la Chiesa e la comunicazione segni quell’alleanza formativa educativa che insieme dobbiamo mantenere, ognuno nel suo campo, non perché la comunicazione debba diventare religiosa o peggio confessionale ma perché la Chiesa ha bisogno degli strumenti per annunciare il Vangelo. La comunicazione non può fare a meno della comunicazione ecclesiale per annunciare il bene e i valori di cui la Chiesa è portatrice. Il compito di incontrare gli operatori è legato al Comune obiettivo del bene comune e della crescita della dignità umana".
Angelica Malvatani