Eco.Ser., obiettivo rifiuti per salvare l’ambiente

Gherardi, tecnico agronomo: "Tra i nostri clienti aziende agricole, ma lavoriamo anche con il pubblico e altri comparti"

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di Gabriele Bonfiglioli

Salvare l’ambiente attraverso la gestione dei rifiuti. Un obiettivo diventato la missione di Eco.Ser. fin dal 1995, quando l’azienda è stata fondata a Bologna. Oggi, 27 anni dopo, l’impresa dà lavoro a una trentina di dipendenti e gestisce tre impianti di stoccaggio rifiuti a Villanova di Castenaso (Bologna), Lugo e Riolo Terme (Ravenna), nei quali "cerchiamo di arrivare al 100% del loro recupero – spiega Massimiliano Gherardi, tecnico agronomo di Eco.Ser. –. Diamo ai rifiuti una nuova vita, un nuovo utilizzo: è questo il senso della nostra idea di economica circolare".

Gherardi, in concreto di cosa si occupa Eco.Ser.?

"Trattiamo il mondo ‘ambiente e rifiuti’ nella sua concezione più ampia, attraverso il trasporto, stoccaggio, recupero, smaltimento e intermediazione di rifiuti pericolosi e non".

Quali sono i vostri clienti di riferimento?

"Non solo aziende agricole, ma lavoriamo anche con il settore pubblico e con privati di altri comparti. Operiamo in Emilia-Romagna, Toscana e Marche".

Eco.Ser. dice di gestire i rifiuti in modo ‘consapevole e a vantaggio dell’ambiente’. Ossia?

"Facciamo un passo indietro. I rifiuti sono ormai un problema serio: ne produciamo sempre di più e non sappiamo dove metterli perché il sistema pubblico di gestione finale non dà risposte adeguate. I rifiuti continuano ad aumentare, mentre ci sono sempre meno impianti, discariche e termovalorizzatori. Per questo, una gestione come la nostra è cruciale: nei prossimi anni bisognerà valorizzare ciò che viene portato a ‘fine vita’, puntando al 100% del recupero. È quello che già cerchiamo di fare nei nostri tre impianti".

E ci riuscite?

"Quasi sempre. Ricorriamo alle discariche o agli inceneritori solo quando la tipologia dei rifiuti non è trattabile. La nostra percentuale di recupero è comunque più alta di quel 65% che l’Unione europea ha fissato per i prossimi anni".

In Italia quant’è al momento la percentuale?

"Si avvicina a quella cifra, ma ci sono molte disparità tra Nord e Sud e tra i singoli rifiuti: carta, vetro e metalli sono già oggi oltre il 65%, mentre su altri materiali la percentuale è molto più bassa. Non c’è uniformità, che invece è ciò che chiede l’Europa".

Un altro vostro business sono i fanghi di origine agroalimentare. Come funzionano?

"È un servizio nato sette anni fa, quasi per scherzo. Sono fanghi o compost che prendiamo da nostri partner di Faenza e che provengono dai resti della lavorazione delle distillerie, miscelati a batteri e scarti vegetali e animali. Il risultato viene utilizzato come concime per ridurre l’uso di prodotti azotati di sintesi, che per di più hanno quadruplicato il loro prezzo in pochi anni. Offriamo un prodotto sano, organico e che riequilibra il terreno. Da ‘scherzo’, è diventato in poco tempo la seconda voce del fatturato".

A proposito di fatturato: com’è andato il 2021?

"Bene, abbiamo avuto un incremento del 5% rispetto al 2020. L’utile è rimasto quasi invariato, ma ci sono stati segnali di ripresa dopo la crisi causata dal Covid".

La pandemia in che modo ha impattato su Eco.Ser.?

"L’azienda è rimasta operativa anche in lockdown. Il Covid, tuttavia, ha bloccato la macchina produttiva, riducendo quindi i rifiuti. Abbiamo sì gestito quelli sanitari, ma il percorso di dare valore ai rifiuti si è interrotto: andavano smaltiti senza recuperarli, a causa dei rischi igienico-sanitari. Abbiamo sentito il ‘colpo’, la ripresa non è stata facile".

Avete anche voi il problema della carenza di manodopera?

"Purtroppo sì. Non troviamo soprattutto autisti, ma anche tecnici e commerciali".

Perché?

"I percorsi di sostegno a chi non ha reddito hanno disincentivato le persone a cercare lavoro. Il nostro settore poi non è facile: anche gli autisti devono avere determinate competenze. Abbiamo sempre investito sulla formazione, ma ora non si trovano neppure più persone senza esperienza".

In che direzione deve andare il settore?

"Serve più dialogo tra chi gestisce gli impianti e chi fa le norme, che al momento non tengono conto delle esigenze del settore. Bisogna poi cambiare alcuni aspetti culturali: chi dice ‘no ai termovalorizzatori’ dà informazioni sbagliate".

E gli obiettivi di Eco.Ser.?

"Stiamo guardando con interesse ai mercati esteri. Già oggi portiamo in alcuni Paesi europei quei rifiuti che hanno un codice ingestibile in Italia. In particolare, vorremmo aprirci alla Turchia: è un Paese che, nei prossimi anni, avrà molte carte da giocare".