Patto di filiera per il made in Italy "Così attutiamo l’aumento dei costi"

Il protocollo d’intesa nazionale sottoscritto anche dalla Gdo punta a tutelare gli allevamenti nostrani. I rialzi dei prezzi dell’energia e dei mangimi oscillano tra il 30 e il 50%: a rischio i redditi delle imprese

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di Claudio Ferri

Ogni anno in Italia vengono prodotti oltre 12,5 milioni di tonnellate di litri di latte vaccino grazie a circa 30mila allevamenti con un fatturato di 16,5 miliardi di euro, che incide per l’11,5% sul totale del fatturato industriale dell’agroalimentare. La pandemia ha modificato le dinamiche di mercato e consumi di questo comparto, che ha saputo reggere l’urto. Secondo l’Istat riguardo il settore zootecnico e i prodotti trasformati, nel 2020 in tutta la penisola c’è stata una flessione del 6%. Se si entra nel dettaglio della consistenza zootecnica dell’Emilia-Romagna emerge che nel 2020, secondo i dati elaborati dall’Araer (Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna) si contavano 3.401 allevamenti, diminuiti del 2,47% sul 2019, e una consistenza pari a 487.586 capi, con un aumento dello 0,6% rispetto all’anno prima. Circa il 92% del latte prodotto è destinato al Parmigiano Reggiano, il 6% al Grana Padano e il rimanente 2% ad altri produzioni casearie minori e a una minima quota di latte alimentare. È andato molto bene l’export delle eccellenze regionali, Parmigiano Reggiano in primis, che si è attestato sui 6,9 miliardi di euro. Nonostante quindi le criticità indotte dalla pandemia, è stato positivo l’andamento di produzione e vendite del Parmigiano Reggiano (nel 2020 l’export di formaggi italiani ha raggiunto 7mila tonnellate dove il ‘re dei formaggi’ e il Grana Padano da soli fanno il 70% del totale), a cui viene destinata la gran parte della produzione regionale di latte vaccino.

Nella adiacente regione Marche la consistenza zootecnica, nel complesso, è di circa 47.000 bovini in 3.800 strutture zootecniche, ma per quanto riguarda il settore di produzione del latte sono presenti 96 allevamenti con 7.900 capi. La realtà produttiva è frammentata e la dimensione media aziendale ridotta con basse rese produttive. Sono tra le problematiche che rendono il settore lattiero caseario regionale poco competitivo nel contesto nazionale nonostante la produzione del latte sia caratterizzata da parametri di qualità e dalla certificazione Qm. A supporto del settore, nei giorni scorsi è stato firmato un protocollo d’intesa nazionale tra le organizzazioni agricole, le cooperative, l’industria e la grande distribuzione per la tutela degli allevamenti italiani. "L’accordo sul latte è un primo importante risultato a sostegno della filiera – sostengono le organizzazioni – oltre ad essere un buon punto di partenza per garantire un adeguato prezzo ai produttori, messi ko dall’aumento insostenibile dei costi delle materie prime sul fronte energetico e per l’alimentazione degli animali, con rialzi tra il 30% e il 50% negli ultimi mesi ed effetti diretti sui redditi degli allevatori già provati dalla pandemia".