FRANCESCO MORONI
Agrofutura 

Marco Marcatili. Il ruolo del Caab: "Dobbiamo ripartire dal settore primario"

Il presidente del centro agroalimentare di Bologna analizza il comparto: "Stiamo vedendo sempre più difficoltà nella produzione e nei consumi. Occorre capire come tutelare le eccellenze e anche reinventarsi".

Il presidente del centro agroalimentare di Bologna analizza il comparto: "Stiamo vedendo sempre più difficoltà nella produzione e nei consumi. Occorre capire come tutelare le eccellenze e anche reinventarsi".

Il presidente del centro agroalimentare di Bologna analizza il comparto: "Stiamo vedendo sempre più difficoltà nella produzione e nei consumi. Occorre capire come tutelare le eccellenze e anche reinventarsi".

Marcatili, che opportunità può essere un evento come Agrofutura per voi e, più in generale, per la città?

"È importante per mettere al centro alcune tematiche. Stiamo perdendo quote di mercato e Agrofutura è una vetrina per dire in che modo vogliamo sostenere la produzione e i consumi per far sì che ci sia interesse più forte da parte delle famiglie e per intercettare la domanda estera".

Marco Marcatili, presidente del Caab (il Centro Agroalimentare di Bologna), traccia una bilancio del momento che sta attraversando il settore e guarda al futuro con ottimismo, ma anche con la consapevolezza di quello che c’è da fare. A partire da un’occasione come quello che rappresenta Agrofutura, è necessario intervenire su alcuni aspetti. ll Caab oggi promuove il commercio all’ingrosso dei prodotti agroalimentari e i servizi logistici: per la posizione strategica, la funzionalità delle strutture, la presenza di importanti realtà imprenditoriali, nonché l’elevato livello qualitativo dei servizi di mercato e dei prodotti commercializzati, il Centro rappresenta uno tra i più significativi punti di riferimento nei circuiti distributivi del settore alimentare, a livello nazionale ed europeo. All’interno sono operativi, oltre agli spazi commerciali, anche piattaforme logistiche per il picking e per l’approvvigionamento della grande distribuzione, un centro servizi, magazzini e strutture di servizio.

Che momento sta attraverso il settore agroalimentare?

"In generale siamo in un contesto in cui, da un lato, abbiamo difficoltà sulla produzione. Con le avversità climatiche e altri fattori economici siamo sempre meno una zona di produzione agricola. Guardo il mio settore, cioè quello d: per gli ortaggi ad esempio siamo importatori netti. E anche sulla frutta, nonostante esportiamo ancora, ormai ci siamo".

Come mai?

"Stiamo facendo fatica sulla produzione, quindi c’è bisogno di un dibattito che riporti al centro il tema. Dobbiamo reinventarci e sostenere le imprese per non perdere ulteriore produzione. Bisogna capire come garantire le risorse idriche future, affinché ci siano le stesse convenienze economiche alla produzione, altrimenti porteremo avanti soltanto il cerealicolo e faremo fatica a garantire prodotti di qualità".

Il momento di agire è ora, insomma.

"La produzione richiede anche un’evoluzione: abbiamo un sistema di tanti piccoli produttori e bisogna capire come non farli andare in crisi".

Il Caab gioca un ruolo importante in questi processi?

"Il Caab è nato all’interno dell’area di produzione e come Bologna si vede dentro un contesto di conoscenza e big data che anche la Regione ha contribuito a garantire negli ultimi anni".

Tornando al settore agricolo, qual è l’altro punto all’ordine del giorno?

"Come dicevo abbiamo difficoltà nei consumi e soprattutto nel fresco. Se Bologna vuole essere la capitale sostenibile della regione più avanzata, come sempre si dice, deve farlo tornando a inserire questi prodotti nella nostra dieta. Il fresco deve essere accessibile per tutti".

Oggi non è così?

"L’inflazione ha creato forti squilibri. Questi prodotti devono tornare nelle scuole, devono far parte dei programmi delle aziende. In qualche modo ci siamo distratti e per tornare a rimettere in campo tutti questi processi bisogna anche agevolare canali di distribuzione, cioè mettere meglio in contatto la produzione con il commercio".

Aspetti chiave?

"Certo, senza canali distributivi non si va da nessuna parte. Non è possibile che l’unica via di sbocco sia il canale della grande distribuzione così come lo conosciamo, perché sappiamo quanto faccia fatica su questi prodotti. Ecco allora che Agrofutura acquista un ruolo ancora più importante...".

Quale?

"Sugli ortaggi abbiamo una forte concorrenza nella produzione di Cina e Messico, oltre alla Spagna sulla frutta. Come dicevo stiamo perdendo quote di mercato e dobbiamo capire come tornare a sostenere la produzione. Dopodiché non possiamo parlare solo del prodotto, ma anche l’organizzazione è fondamentale, perché i passaggi generazionali necessitano di continuità aziendale e di sviluppare una stratega per una nuova idea del settore".

Una nuova idea di che tipo?

"Noi siamo partiti chiamando sempre questo settore quello ‘primario’".

Evidentemente c’era un motivo?

"Esattamente. Oggi siamo arrivati al punto che, di fatto, tutte le nostre città e le regioni dipendono dal settore terziario, in barba a quello primario e a quello secondario".

Cosa occorre fare, allora?

"Bisogna ripartire da zero. Ripartiamo dalla rivoluzione, dalla ripartenza del settore primario, che va assolutamente riscoperto, tutelato e valorizzato".