MASSIMO VITALI
Coppa Italia

"Datemi dieci anni e riporterò il Bologna ai fasti di un tempo"

Sbarcò in città nell’ormai lontano 2014, da allora è stato prodigo di consigli e di denari: versata una cifra che sfiora i 300 milioni. Adesso vorrebbe alzare il primo trofeo della sua gestione.

Sbarcò in città nell’ormai lontano 2014, da allora è stato prodigo di consigli e di denari: versata una cifra che sfiora i 300 milioni. Adesso vorrebbe alzare il primo trofeo della sua gestione.

Sbarcò in città nell’ormai lontano 2014, da allora è stato prodigo di consigli e di denari: versata una cifra che sfiora i 300 milioni. Adesso vorrebbe alzare il primo trofeo della sua gestione.

Dopo dieci anni di presidenza, quasi 300 milioni investiti, sette allenatori avvicendati e cinque uomini mercato assoldati per fare e disfare organici, Joey Saputo finalmente accarezza il sogno di aggiungere alla bacheca rossoblù il suo primo personalissimo trofeo. E che Trofeo.

Correva il giugno 2015 quando il Bologna di cui Joey era diventato da qualche mese azionista di maggioranza coronava, pur tra mille peripezie, l’agognato e strategico ritorno in serie A.

Ma quella promozione sofferta ottenuta al primo colpo, premessa indispensabile per gettare le basi per la gloria di oggi, non fu un vero e proprio trofeo da esporre in bacheca. Vuoi mettere, al confronto, vincere una Coppa Italia che a queste latitudini manca da 51 anni?

Ecco perché la notte dell’Olimpico sarà anche la notte di Joey Saputo, l’uomo della provvidenza a cui in fondo il calendario e la geografia avevano già assegnato un ruolo da protagonista sia nella grande operazione della Rinascita Rossoblù che nell’intreccio con la Coppa nazionale.

Joey è nato nel 1964, l’anno dell’ultimo scudetto rossoblù conquistato proprio nel catino dell’Olimpico.

Ed è nato il 25 settembre, 110 giorni dopo l’iconico 2-0 di quello spareggio con l’Inter. E ancora: Joey ha visto la luce a Montreal, ma il viaggio della famiglia Saputo negli anni Cinquanta era partito da Montelepre, comune di seimila anime che dista quindici chilometri in linea d’aria da Palermo.

Bologna-Palermo finale di Coppa Italia vinta ai rigori il 23 maggio 1974 e Bologna-Milan il cui destino viceversa è ancora da scrivere: certi allori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano.

Mettendo un simile alloro in bacheca comincerebbero a tornare anche i conti di Joey, che da quando nel dicembre 2014 è diventato principale azionista del club ha versato nella fornace di Casteldebole una cifra che sfiora i 300 milioni.

Lo storico approdo in Champions League conquistato al termine della scorsa stagione (un traguardo che in città mancava da sessant’anni) e la certezza che anche quest’anno il suo Bologna in campionato si giocherà fino all’ultimo le chance di staccare un biglietto per l’Europa avvicinano finalmente l’idea originaria di costruire un club in grado di camminare, anche dal punto di vista finanziario, sulle proprie gambe.

Ma poi c’è la gloria sportiva e con essa la promessa mantenuta con i bolognesi. Disse Joey all’alba della sua avventura in rossoblù: "Se i tifosi avranno la pazienza di aspettare prometto loro che in dieci anni riporterò il Bologna ai suoi antichi fasti".

E’ il Liber Paradisus in versione moderna e pallonara, un impegno solenne che sotto le Due Torri si è fatto legge, facendo di Joey uno di noi, cittadino onorario di Bologna e adesso perfino ‘Ambassador’ della città, titolo che gli è stato assegnato un mese fa.

Mozzarella (il bene di famiglia) e mortadella (uno dei simboli della città) oggi appaiono un matrimonio inscindibile, specie dopo che Joey ha fissato i nuovi orizzonti di Casteldebole.

"D’ora in avanti il nostro destino dev’essere l’Europa", ha detto il numero uno rossoblù lo scorso 14 aprile mentre diventava ‘Ambassador’ a Palazzo d’Accursio.

L’Europa si declina anche nella forma dell’Europa League, la competizione a cui il Bologna verrebbe ammesso di diritto alzando al cielo la Coppa Italia.

Per Joey la finale dell’Olimpico è anche un derby d’America con Gerry Cardinale, padrone del vapore, coi natali a Filadelfia, di un Milan che può salvare la stagione aggiungendo alla Supercoppa italiana conquistata a gennaio la Coppa nazionale.

Ma a Milanello sarebbe solo un numerino in più: qui sarebbe Storia.