GIANMARCO MARCHINI
Coppa Italia

La finalissima contro il Milan, una Coppa come punto di partenza

E’ la vetta più alta dell’era Saputo che in dieci anni ha riportato il club in Europa e a competere per un trofeo. Dopo la Champions, i rossoblù possono consacrare un percorso e riprendere definitivamente lo status di big.

E’ la vetta più alta dell’era Saputo che in dieci anni ha riportato il club in Europa e a competere per un trofeo. Dopo la Champions, i rossoblù possono consacrare un percorso e riprendere definitivamente lo status di big.

E’ la vetta più alta dell’era Saputo che in dieci anni ha riportato il club in Europa e a competere per un trofeo. Dopo la Champions, i rossoblù possono consacrare un percorso e riprendere definitivamente lo status di big.

La porta è aperta: dall’altra parte c’è la Storia. Domani sera il Bologna può tornare a varcare quella soglia, cinquantuno anni dopo l’ultima volta. A spingere i rossoblù dentro quel sogno ci saranno trentamila cuori all’Olimpico, e altrettanti ’mila’ a casa, raccolti davanti a una televisione, con le mani incrociate e il respiro trattenuto.

Cinquantuno anni dopo quella coppa alzata da capitan Bulgarelli, il Bologna ha il trofeo di nuovo a portata di mano. Certo, dovrà strapparlo alle fiamme del Diavolo, ma questa squadra e il suo allenatore, Vincenzo Italiano, hanno già dato ampia dimostrazione di saper spostare la linea dell’incredibile.

A prescindere da come finirà, il Bologna e la sua gente hanno già vinto. Sì, perché il cuore è tornato a battere forte, a emozionarsi per questi colori che negli ultimi decenni si erano un po’ sbiaditi, coperti dal buio di annate deprimenti, di cadute rovinose o, nella migliore delle ipotesi, di grigi vivacchiamenti nel limbo della classifica.

Il cuore è tornato a battere forte da un po’. Un anno fa esatto, i rossoblù stappavano la bottiglia più buona, invecchiata di sessant’anni, con una qualificazione in Champions meravigliosa e impensabile. Un capolavoro forse attribuito troppo a Thiago Motta che, sì, di quella cavalcata era stato il grande regista, ma non l’unico. Che le percentuali andassero divise con gli altri, lo si è capito quest’anno, con il regno di Vincenzo I da Ribera. Condottiero onesto e valoroso, uomo che non ha paura di sporcarsi le mani, soprattutto se c’è da abbracciare il suo popolo. Per questo Bologna lo ha amato fin da subito, dall’alba di Valles, quando con le sue urla poco ortodosse il tecnico rossoblù ha scosso un gruppo che rischiava di cullarsi sugli allori di un risultato storico.

E invece, no. Italiano ha alzato l’asticella dalle prime parole. "Vogliamo provare a riportare la gente in piazza", ha detto con enorme coraggio e senza filtri nel giorno del suo insediamento, tra lo scetticismo diffuso di una piazza che lo guardava un po’ come quello delle tre finali perse con la Fiorentina. "Spesso ci si dimentica del percorso che porta fin lì. La speranza da parte mia è arrivare a giocarne altre e stavolta di vincerle", aveva aggiunto in quel pomeriggio di giugno con un sole altissimo sopra il Dall’Ara. E con il sole e il vento a favore, il suo Bologna ha cavalcato le onde alte delle aspettative e del paragone con la stagione precedente, attraverso un mare di difficoltà, a cominciare da una squadra comunque cambiata in modo importante dalle partenze di Calafiori, Zirkzee e Saelemaekers. Senza Ferguson infortunato e muovendosi al buio dentro una Champions, con il rischio altissimo di sbatterci forte il muso. Ma Italiano ha saputo entrare sotto la pelle di questo gruppo e li ha convinti della loro forza, quando in tanti forse pensavano che senza Thiago niente sarebbe stato più come prima.

Ecco, è stato addirittura meglio, se è vero che il Bologna a due giornate dalla fine è ancora in corsa per un posto in Champions e se è vero che domani sera sarà all’Olimpico per giocarsi questa Coppa Italia. Sì, è tutto vero.

Ecco, perché, il Bologna e Italiano alla fine la loro sfida l’hanno già vinta, a prescindere da cosa partorirà la notte dell’Olimpico. Non sarà l’isteria di una finale a cambiare i giudizi su una stagione, ma soprattutto su un percorso che ha preso una discesa virtuosa dall’arrivo, più di dieci anni fa, di Joey Saputo. La strada è quella giusta e lo resterà anche al fischio finale dell’Olimpico.

Poi, certo, alzare quella coppa contro una squadra come il Milan, avrebbe un peso enorme nell’economia di questo percorso, perché andrebbe a consacrare il lavoro di tutti, ad alzare il livello del gruppo e a nobilitare la percezione dei rossoblù nel panorama calcistico. Un ritorno a quella gloria a cui questa società un tempo era abituata. Roma, appunto, evoca un passato di successi tinti di rossoblù intenso: da quella finale vinta ai rigori con il Palermo nel ’74, allo scudetto nello spareggio contro l’Inter dieci anni prima. Domani sera il Bologna ha la possibilità di rimettere a posto le lancette del tempo e rientrare nella Storia. La porta è aperta.