Dominguez, il ’Cinno’. Un talento cristallino che adesso punta alla consacrazione

Benjamin, 21 anni, originario di La Plata, ha illuminato la stagione con sprazzi di classe purissima: i suoi dribbling fanno sognare i tifosi. Lui e l’altro argentino Castro hanno un grande feeling in campo.

Benjamin, 21 anni, originario di La Plata, ha illuminato la stagione con sprazzi di classe purissima: i suoi dribbling fanno sognare i tifosi. Lui e l’altro argentino Castro hanno un grande feeling in campo.

Benjamin, 21 anni, originario di La Plata, ha illuminato la stagione con sprazzi di classe purissima: i suoi dribbling fanno sognare i tifosi. Lui e l’altro argentino Castro hanno un grande feeling in campo.

di Giovanni

Poggi

È proprio in Coppa Italia che il ’Nene’ lascia i suoi primi segni in rossoblù. Dopo il burrascoso esordio a sorpresa a Marassi di metà ottobre, con il vecchio volpone Sabelli incollato al paraurti a non lasciargli quasi mai il minimo spazio per sgusciare via verso la porta e a fargli assaggiare, spesso con le cattive, un po’ di futbòl in salsa nostrana, più un cameo a giochi già fatti con il Venezia, Italiano torna a gettarlo nella mischia un mese e mezzo dopo, nei quarti di finale contro il Monza. E’ lì che si materializza il vero debutto al Dall’Ara di Dominguez, 39 minuti dopo il fischio d’inizio di Ferrieri Caputi e rilevando un ammaccato Orsolini, stiratosi nell’esultare per quel gol che, all’insaputa di tutti, in quel freddo e umido pomeriggio di dicembre sotto la Maratona, segnerà il via, assieme al jolly di Pobega, ad una cavalcata memorabile.

L’iniziale preoccupazione per Orso lascia in poco tempo spazio all’attesa e allo stupore di una tribuna gremita: è finalmente il momento di Benjamin, tutto da scoprire, finalmente da vicino. E presto il ’Nene’, che in Argentina, la patria per eccellenza dei soprannomi, significa letteralmente e affettuosamente bambino (ma che viene utilizzato anche per riferirsi ai più adulti in modo informale), diventerà ’Cinno’, dando libero sfogo ad un termine tanto caro qui sotto alle due Torri che, a quel folletto in rossoblù col 30 sulle spalle, calza proprio a pennello. Calza meno invece alla difesa del Monza, squarciata per la terza volta in un’ora di gioco dal primo graffio di Dominguez, che approfitta di un tocco sporco del connazionale Castro per freddare Pizzignacco e per correre ad abbracciare Santi sotto la Bulgarelli: sarà il primo di tanti con l’albiceleste sullo sfondo tra i due amici, ancor prima che compagni di squadra.

Anche perché 13 minuti più tardi Dominguez gli restituirà il favore, e Castro sarà il primo a cercarlo dopo il gol. Non male come biglietto da visita stampato sul manto del Dall’Ara, anche se il lavoro di un anno e mezzo ai fianchi del Gimnasia del ’Cobra’ Sartori non poteva che promettere qualcosa di promettente, talentuoso e intrigante, proprio come Benja. Che da lì a poco i piedi dal campo non li toglierà più, tant’è che il sabato successivo si ritrova nell’undici titolare allo Stadium per sfidare la Juventus, otto giorni prima di far perdere la testa a Gosens e stregare la Fiorentina con l’assist vincente per Odgaard.

A fine mese, i primi due gol in Serie A al Verona, anche se inutili ai fini dell’inaspettato 2-3 casalingo, sono la conferma che il ’Cinno’ di talento ne ha da vendere, come mostrerà fino al capolinea di una stagione che sa tanto di antefatto alla definitiva consacrazione nel nostro calcio.

Intanto il primo titolo in carriera c’è già, luccicante in bacheca, il modo migliore per farsi amare sempre di più da una piazza che lo considera già come tanti un figlio adottivo, affamata di rivedere presto i suoi dribbling e le sue sterzate, secche, da mettere a sedere giganti il doppio di lui là sulla fascia a cercare di fermarlo. Difficile, il più delle volte, tanto quanto lo è stato per frenare la sua gioia a Roma dopo aver sollevato la coppa, assieme alla compagna Meri, argentina come lui, che lo ha seguito in questa sua prima avventura lontano da casa, e al compagno di merende Castro, con tanto di live su Instagram direttamente dagli spogliatoi dell’Olimpico intenti a preparare il tipico Fernandito, per il brindisi fin qui più bello della sua carriera.