
È il 23 maggio: il Bologna disputa la finale di Coppa Italia all’Olimpico di Roma contro i siciliani allenati dal mago Viciani. I rosanero avanti con Magistrelli assaporano l’impresa. Ma un contatto in area tra Arcoleo e Bulgarelli è il preludio del pari.
Non fu vera gloria? Di trofei portati a casa in gara secca per fortuite giravolte del destino sono piene le bacheche. Però sì, a detta di tutti i protagonisti di allora quel 23 maggio 1974 all’Olimpico in cui i rossoblù misero le mani sulla seconda Coppa Italia della storia il Palermo fece la partita e il Bologna la vinse.
Quattro anni prima l’agognata prima Coppa nazionale era arrivata anch’essa grazie a una giravolta del destino: il Cagliari spolpato dal Mondiale messicano del 1970 fu facile preda dei rossoblù di Mondino Fabbri, che nel girone finale la spuntarono sugli isolani, sul Torino e sul Varese.
Nel 1973-74, invece, il Bologna del ‘Petisso’ Pesaola arriva all’ultimo atto dopo essersi sbarazzato, nel girone di ferro che garantisce l’accesso alla finale, nientemeno che di Milan, Inter e Atalanta: questa sì vera gloria.
Poi arriva il 23 maggio e un Bologna che ha chiuso il campionato con un placido nono posto contende il trofeo alla rivelazione Palermo.
Di qua Bulgarelli e Perani, ultimi eroi dello scudetto che passano il testimone ai giovanissimi Pecci e Colomba, poggiando in attacco sulle solide spalle del bomber Savoldi.
Di là il Palermo allenato da Corrado Viciani, già profeta ante litteram del calcio totale, che centra una finale storica per una squadra, il Palermo, che naviga a centroclassifica nel campionato di B.
Dieci anni dopo il trionfo nello spareggio-scudetto con l’Inter il popolo rossoblù invade l’Olimpico. Dal ritiro di Castel Fusano, nei dintorni di Roma, Pesaola predica umiltà e invita a non sottovalutare l’avversario.
Ha capito tutto il ‘Petisso’ e infatti quando alle 16,30 del 23 maggio l’arbitro Gonella da il via alla contesa si capisce subito che il Palermo è con la testa dentro la partita e il Bologna assai meno.
L’undici inziale rossoblù è composto da Buso, Roversi, Rimbano, Battisodo, Cresci, Gregori, Ghetti, Bulgarelli, Savoldi, Vieri e Landini.
Nelle fila del Palermo, nota di colore, c’è Cerantola, che diciannove anni dopo avrebbe firmato una breve e ingloriosa pagina da allenatore dei rossoblù nel campionato di B del 1992-93, culminato con la retrocessione in C e il fallimento del club. Magistrelli porta in vantaggio i rosanero al 32’, lo scatenato Barbana e nel finale Barlassina sfiorano più volte il raddoppio.
Ma al 90’, dopo essere rimasti in dieci per l’espulsione di ‘Bob’ Vieri, i rossoblù trovano il pari dal dischetto: Savoldi firma l’1-1 dopo un rigore più che discutibile concesso da Gonella per un contatto in area rosanero tra Arcoleo e Bulgarelli.
L’1-1 regge anche ai supplementari e così si va alla roulette dei rigori. Bulgarelli sbaglia, ma Gonella fa ripetere perché il portiere dei rosanero Girardi si è mosso in anticipo: al secondo tentativo il ‘Bulgaro’ fa centro.
Vanello segna per i rosanero, Cresci si fa parare il tiro. Vanno a segno, nell’ordine, Magistrelli, Savoldi, Barbana e il rossoblù Novellini.
Tocca al rosanero Vullo (che poi vestirà la maglia del Bologna), che calcia alle stelle. Pecci, freddo come un cecchino, fa centro.
Favalli invece manda il pallone sulla traversa. E’ tripudio rossoblù, pur tra qualche imbarazzo e il coro "Ladri, ladri!" scandito inferociti tifosi del Palermo, che a corollario coniano un "Viciani, Viciani, la coppa nelle mani!" che racconta di una ferita dolorosa, che sull’isola resta aperta ancora oggi.
La coppa però è nelle mani di Bulgarelli e di un Pesaola che a fine partita parla di vittoria meritata. Il presidente dei rosanero Renzo Barbera invece paga ugualmente ai suoi il premio pattuito per la vittoria. E’ una coppa traboccante di veleni.