
Il ’profeta di Fusignano’: "Come nel mio Milan, anche a Casteldebole c’è dietro una grande società". Poi incorona l’allenatore: "Lo stimo da sempre, mi facevo mandare le videocassette del suo Trapani". .
Tassi
Come i grandi rivoluzionari della storia, è stato considerato un eretico o un pazzo visionario. Ma il tempo gli ha dato ragione, trasformando la sua idea di calcio in una vera rivoluzione copernicana con il pallone al centro. Con il Milan del pressing a tutto campo e del calcio totale ha vinto tutto ed è entrato a buon diritto fra le stelle che hanno scritto la storia dello sport. Logico che a ogni domanda scatti il paragone scomodo con la creatura di Berlusconi e dell’alchimista Arrigo.
Come deve fare il Bologna per restare fra le grandi, Sacchi?
"E’ troppo facile dire che dovrebbe copiare il nostro Milan di allora. Ma non pensate che il paragone sia così assurdo, perché certi principi del calcio sono basilari per avere grandi risultati e sono applicabili a ogni livello".
Si spieghi meglio per aiutarci a capire.
"Prima di tutto servono una società forte, come lo era il Milan di allora, e un grande presidente. E poi la storia, i trofei, l’identità del club. Ora che il Bologna ha ricucito lo strappo col passato, vincendo la Coppa Italia dopo 51 anni, Saputo può davvero cominciare un nuovo cammino".
Lei ha pregiudizi verso i presidenti stranieri?
"No, sarebbe una posizione illogica in questo momento storico del calcio. Certo che eguagliare la passione travolgente di Berlusconi, la sua competenza calcistica e la capacità di scegliere gli uomini giusti non è facile per nessuno. Io conosco poco Saputo ma mi pare un presidente appassionato e molto presente. È saldamente legato al Bologna, ha portato qui i suoi figli e poi ha fatto scelte importanti, affidandosi a uomini che hanno profonde conoscenze calcistiche. Mi riferisco a Fenucci, uno dei migliori dirigenti in circolazione, e a Sartori che è davvero un mago del mercato".
Ma forse senza il lavoro e l’entusiasmo di Italiano la Coppa Italia non sarebbe mai arrivata...
"Devo ammettere che io ho sempre ammirato le qualità del suo predecessore, Thiago Motta, e la natura corale e offensiva del suo calcio. Mi sono stupito che non abbia deciso di rimanere ancora a Bologna dove avrebbe potuto completare la sua crescita. Italiano ha fatto un grande lavoro, ha tenuto alta la tensione, ha creato un bel gruppo e ha confermato di essere uno dei migliori allenatori italiani".
Lei lo colloca fra i ’giochisti’, cioè fra quei tecnici che hanno scardinato la tipica impostazione (difesa e contropiede) per produrre un calcio più offensivo?
"Certo che lo considero in questo gruppo. E le racconto anche un episodio che avvalora la mia stima per Vincenzo. Molti anni fa mi feci spedire delle bobine con le partite del suo Trapani che dominava la serie C. Giocava un calcio intenso e spettacolare, che toglieva il respiro agli avversari. Consigliai subito Italiano a Giovanni Carnevali, allora diesse del Sassuolo. Ma poi mi dissero che lo avevano escluso dalle loro scelte per certe intemperanze verbali e qualche atteggiamento troppo estremo".
E invece proprio la passione e questa minimica forte da vero trascinatore sono piaciute al pubblico di Bologna...
"E lo capisco. Il Dall’Ara è uno stadio di intenditori calcistici, di palati fini. Ma gli uomini forti e pieni di idee come Ulivieri, per intenderci, sanno coinvolgere la piazza, esaltano la spinta ambientale e il rapporto con il pubblico".
Il fatto che tante grandi cambino timoniere avvantaggera’ il Bologna che ha scelto di andare avanti con Italiano?
"Certamente Vincenzo ha iniziato il lavoro con una perla, la Coppa Italia, e su questa base può procedere per rendere il Bologna più solido e più forte con un gruppo che conosce già le sue convinzioni e le strategie. La continuità in panchina paga sempre".
E se il mercato dovesse privare Italiano di pezzi pregiati come Lucumi o Ndoye?
"Credo che Sartori saprebbe comunque rimpiazzarli nel modo migliore. E poi non è detto che servano sempre nomi importanti per fare grandi squadre. Io andai a pescare otto o nove giocatori tra B e C per realizzare il mio progetto di gioco. Tra questi cito Costacurta, Bianchi, Bortolazzi, Mussi. Bisogna scegliere giocatori buoni e funzionali al progetto, che siano anche brave persone capaci di calarsi con naturalezza nel gruppo".
Chi non venderebbe mai tra i calciatori del Bologna?
"Orsolini perché da promessa è diventato un giocatore completo, eclettico, capace di segnare 15 gol in campionato e di proporsi come la bandiera della squadra con la sua faccia simpatica e il suo spirito guascone. Lui come il Bologna non devono sedersi sugli allori, devono continuare a guardare in alto e a lavorare per migliorarsi".
Il Bologna ha I mezzi per diventare una nuova Atalanta?
"I progetti si somigliano molto e non a caso c’è sempre Sartori in cabina di regia per le scelte di mercato. Anche a Bologna può aprire il ciclo virtuoso, fatto di cessioni mirate che servano a finanziare il rafforzamento della squadra. Ha già dimostrato si saperlo fare benissimo. E qui ha alle spalle una società forte che lo asseconda in tutto e per tutto".
Non abbiamo parlato del pubblico di Bologna che con il suo entusiasmo è stato il grande motore di un’annata indimenticabile...
"Allo stadio Dall’Ara si coglie un’aria un po’ magica non c’è dubbio. Ma credo che anche il pubblico vada allenato. A cosa? Ai valori della bellezza, dell’impegno, dell’educazione: sono le travi portanti per costruire una società prima ancora che un club calcistico. Il modello italiano, esportato per troppo tempo, era intriso di furbizia, di difesa e contropiede, di personalismi invece che di gruppo. Il Bologna è tra le società che sta provando a ribaltare questo vecchio schema".
La squadra di Italiano ce la farà a restare tra le stelle del campionato e a brillare in Europa?
"Tutto l’ambiente, che ora è caldo e galvanizzato, deve abituarsi all’idea di una crescita graduale. Inutile chiedere l’impossibile o cullare aspirazioni troppo alte. Il lavoro ben fatto e le logiche di un gruppo forte prima o poi portano il risultato, ne sono certo. Anch’io passai brutti momenti nel primo anno al Milan. Ma bastò una parola di Berlusconi negli spogliatoi per confermare la sua fiducia in me e da quel momento in poi decollammo verso la gloria. Auguro il meglio al Bologna perché si merita tanto ma non abbiate fretta di crescere. Solo così si arriva lontano".