
Aveva promesso: "Datemi dieci anni di tempo e vi riporterò agli antichi fasti". Così il patron canadese dai mondi gentili ha riportato il Bologna ai vertici. .
di Alessandro
Gallo
Dategli fiducia e, parafrasando un vecchio adagio attribuito ad Archimede, vi solleverà il mondo. Un’esagerazione? Forse. Quel che è certo, però, è che Joey Saputo, nell’arco di dieci anni, ha quantomeno risollevato il mondo rossoblù.
Con Joey sulla tolda di comando il Bologna è risalito in serie A, ha conquistato la partecipazione alla Champions League – che i rossoblù non giocavano dal 1964, da quando c’era ancora la vecchia formula della Coppa dei Campioni – e, soprattutto ha riaperto la bacheca, con una Coppa Italia che ha fatto letteralmente impazzire di gioia la città.
Una Coppa Italia conquistata al termine di un cammino virtuoso e con una finale dominata, al di là del risultato di 1-0 maturato per il gol di Ndoye. Vedere Joey, sul prato dell’Olimpico, con la medaglia al collo e la coppa tra le mani, è stata una delle scene più spettacolari e coinvolgenti degli ultimi anni.
Perché Joey, il presidente che tiene fede alla sua parola, è un dirigente anomalo nel panorama nazionale. Spesso e volentieri in serie A ci sono presidenti arroganti o quantomeno poco simpatici. Presidenti che invadono spesso il settore tecnico – ricordate il vecchio adagio dei patron che imponevano la formazione al malcapitato allenatore di turno? – che riversano parole che innescano polemiche. E cattiverie gratuite assortite.
Aspetti del quale il mondo del calcio, che sta cercando di rifarsi una verginità, non ha bisogno.
Joey, da questo punto di vista (e non solo da questo), è un presidente virtuoso. C’è e si fa sentire quando si deve mettere mani al portafogli. Ma, nel corso dell’anno, pur restando vicino alla squadra, ha un approccio discreto, ai confini della timidezza.
Joey è parco di parole – almeno in pubblico –, ma non si tira indietro quando si parla della sua squadra. Aveva fatto una promessa, Joey, è stato di parola. Quando si insediò come presidente del Bologna, disse che avrebbe riportato la squadra agli antichi fasti.
Dopo 51 anni è arrivata la Coppa Italia, dopo 60 la partecipazione alla Champions League. E adesso ci sarà l’Europa League. Da affrontare con il suo special team. La politica ‘estera’ del Bologna è affidata al dirigente più diplomatico che esista, Claudio Fenucci. Il mercato è stato consegnato nelle mani di Giovanni Sartori e Marco Di Vaio: così il Bologna ha costruito il suo miracolo.
Scelte oculate, ma non solo. Perché in tutti questi anni Joey, come presidente-proprietario, ha tirato fuori almeno 300 milioni. Con qualche errore di valutazione, certo, ma solo chi non fa nulla, non sbaglia mai. Saputo è stato bravo anche a costruire, con i suoi uomini di fiducia, un modello virtuoso che ha portato il Bologna a essere accostato all’Atalanta. Ovvero il club che, fuori dal circuito delle grandi – Juventus, Inter, Milan, Napoli, Roma e Lazio – è stato capace di ritagliarsi uno spazio importante, tanto in Italia quanto in Europa.
La città di Bologna ha dato atto a Joey di aver imboccato la strada giusta. E per questo motivo, nel corso degli anni, non sono mancati i riconoscimenti ufficiali da parte dell’amministrazione delle Due Torri. Prima la cittadinanza onoraria, poi il ruolo di ‘ambassador’. E del resto, come si dice ora, Joey è un brand che tira.
Il Bologna è sulla bocca di tutti. Il Bologna, in particolare, è tornato a essere una società vista, da chi ci arriva, se non come un traguardo – aspetto pressoché impossibile nel terzo millennio con gli interessi miliardari che circolano – quantomeno un approdo importante.
Una piazza nella quale crescere e vincere. Creando empatia e feeling con il resto della città. Che Bologna possa essere una piazza ambiziosa nella quale costruire e ottenere qualcosa di concreto l’ha capito, benissimo, Vincenzo Italiano.
Joey, per dirla tutta, era convinto, un anno fa, di riuscire a far vacillare anche i principi dello ‘Stranino’, al secolo Thiago Motta. Saputo era sicuro di convincere l’italobrasiliano, che poi ha imboccato altre strade, con tanto di esonero. Ma se Joey, di solito così avaro di parole e di metafore, aveva coniato l’insolito aggettivo ‘Stranino’ forse un pizzico di verità c’era.
La curva, quella rossoblù, nel frattempo, ha già deciso. Ormai sono diversi gli striscioni apparsi con la scritta: "Saputo, Santo Subito".
Detto che Joey si è lasciato scappare in più di un’occasione che il presidente di riferimento è Renato Dall’Ara – il più vincente nella gloriosa storia rossoblù – prosegue il suo cammino, affiancato dalla moglie Carmie e dalla bella famiglia. Cosa gli manca? Solo lo stadio. In patria, in Canada, a Montreal, c’è uno stadio che porta il suo nome. Joey è troppo discreto per rivoluzionare il Dall’Ara.
Ma i lavori per arrivare a un impianto che possa accompagnare la squadra, nel suo sogno europeo, sono quasi un mantra per Joey. In dieci anni ha riportato la squadra e la società agli antichi fasti. Diamogli tempo e credito, se li è meritati sul campo, così, al di là del Covid, delle pastoie della burocrazia e dell’aumento dei costi delle materie prime, Bologna avrà nuovamente una casa tirata a lucido.
Non solo per la bellezza del suo prato verde. Ma anche per la capacità di ospitare tifosi, appassionati e famiglie. La prossima avventura di Joey.