GIANLUCA SEPE
Coppa Italia

Si è mossa tutta la città. Quei trentamila all’Olimpico, il dodicesimo uomo del Bologna

Il corteo da Ponte Milvio, i settori pieni due ore prima dell’inizio, la coreografia da brividi. Bologna ha spinto i rossoblù verso il trionfo, compreso chi è rimasto a casa davanti ai maxischermi.

Il corteo da Ponte Milvio, i settori pieni due ore prima dell’inizio, la coreografia da brividi. Bologna ha spinto i rossoblù verso il trionfo, compreso chi è rimasto a casa davanti ai maxischermi.

Il corteo da Ponte Milvio, i settori pieni due ore prima dell’inizio, la coreografia da brividi. Bologna ha spinto i rossoblù verso il trionfo, compreso chi è rimasto a casa davanti ai maxischermi.

Sepe

Dall’Olimpico al Parco dei Giardini Margherita, dal Dlf ai locali sparsi per Bologna che negli anni sono diventati storici baluardi rossoblù. Come recitavano social e sciarpe realizzate per l’occasione, si è mossa davvero tutta la città, lo scorso 14 maggio: i trentamila che sono andati a Roma, e chi è rimasto, per un motivo o per l’altro, all’ombra delle Due Torri. Chi non ha potuto spingere i ragazzi di Vincenzo Italiano allo stadio ha fatto il possibile a distanza, perché la spinta dei trentamila arrivati nella Capitale potesse fare il pari con la marea rossoblù rimasta a tifare a casa, senza tuttavia rinunciare a quel momento conviviale e di festa che una finale può rappresentare, ancor più a oltre 51 anni dall’ultima occasione.

Per chi c’era, Roma è stata davvero invasa da un’orda pacifica e festante, con ‘Saputo’ scritto a grandi lettere sul petto e i colori rossoblù sbandierati in ogni modo, dai vessilli alle sciarpe, dai cappellini proprio alle maglie di gioco. C’è chi è arrivato in città in anticipo, regalandosi anche una mezza giornata di turismo, passando per i luoghi iconici dell’Urbe, rigorosamente con la casacca del Bologna addosso perché anche di fronte alla storia, pure quella scritta nei libri scolastici, c’era comunque la volontà di scriverne un’altra, una pagina da mettere negli annali e negli almanacchi rossoblù. Auto, mini van, pullman (anche qualcuno che purtroppo non si è mai presentato, ma quella è un’altra storia), tutti in strada in direzione Città Eterna. Ci sono poi quelli arrivati alla spicciolata, sui tanti treni della tratta Bologna-Roma: gruppi organizzati, famiglie, amici.

Qualche coro in metropolitana per mostrare l’euforia di un momento che molti non avevano mai vissuto, poi dritti verso i luoghi di ritrovo prestabiliti per poi riversarsi a Ponte Milvio: da lì è partito il popolo del tifo bolognese, in marcia serrata verso l’Olimpico per celebrare l’inizio di una notte che sarebbe diventata di lì a poco un autentico sogno a occhi aperti.

Colorato di rossoblù mezzo stadio, uno dei momenti più alti della serata (e forse della stagione inter) è stato quello della grande coreografia organizzata dai gruppi della curva Andrea Costa, per un altro brivido unico da aggiungere al mix di emozioni. Contemporaneamente, a Bologna i tifosi si assiepavano davanti ai maxi schermi disseminati per la città. Niente piazza Maggiore e o stadio Dall’Ara, ma tanti piccoli luoghi in cui darsi appuntamento per godere delle gesta di Orsolini e compagni. Da Piazza Lucio Dalla alla Montagnola, dal Pontelungo al Dopolavoro Ferroviario, passando per i pub e locali che storicamente hanno sempre seguito i rossoblù e sono diventati punti di aggregazione e ritrovo dei tifosi: quelli fuori dal centro come l’iconico Bar Ciccio di via San Mamolo, l’Amadeus in via Murri, il Pub Numer Ten in via Emilia Ponente, l’Old Bridge in via Mazzini, il Victoria Station in via Zanardi, ma anche quelli nel cuore pulsante di Bologna come Cluricaune Irish Pub in via Zamboni, seguito a pochi metri di distanza dall’Empire, il Celtic Druid Irish Pub in via Caduti di Cefalonia, l’Ein Prosit in via Cairoli e il Bounty in via delle Moline.

Qui, tutti sono rimasti incollati alle postazioni allestite per la partita, collegati con la mente e con il cuore a chi si sfregava le mani nella metà rossoblù dell’Olimpico e pronti ad esultare assieme in un unico, grande urlo di gioia al gol di Ndoye che si sarebbe rivelato decisivo. Prima la fervente attesa, il timore di un’altra delusione, i mille pensieri legati a chi avrebbe potuto fare la differenza, la paura che potesse finire come pochi giorni prima al Meazza ma anche la gioia di poter vedere finalmente un "gran Bologna" che dopo tantissimi anni di attesa si giocava veramente un trofeo.

Poi le lacrime, gli abbracci con gli sconosciuti, le chiamate ai parenti lontani, agli amici ai compagni di stadio, a chi è stato a Leffe, a chi c’era nel ’74 e chi invece era presente addirittura nel ’64. A chi stava esultando a Roma, tra fuochi d’artificio e colori rossoblù. Una città che si è mossa davvero: chi ha fatto quasi 400 km per esserci, chi ha fatto pochi passi per festeggiare assieme. La marea rossoblù, seppur a distanza, ha gioito come una cosa sola, perché "We are One" è un motto che calza tanto per squadra e tifosi che per tutto il popolo rossoblù, dovunque esso sia e sia stato in quella notte magica del 14 maggio.