BEATRICE BERGAMINI
Calcio

Antenucci, l’intervista: "La Spal? Una famiglia. E mi piacerebbe restare"

Dalla firma sul primo contratto, "era il 20 giugno 2016", alla salvezza in C "A Ferrara io e la mia famiglia ci sentiamo a casa. Nel futuro? Ho studiato da ds". Poi sui tifosi: "Fantastici, sempre al nostro fianco. E che emozione all’addio".

Dalla firma sul primo contratto, "era il 20 giugno 2016", alla salvezza in C "A Ferrara io e la mia famiglia ci sentiamo a casa. Nel futuro? Ho studiato da ds". Poi sui tifosi: "Fantastici, sempre al nostro fianco. E che emozione all’addio".

Dalla firma sul primo contratto, "era il 20 giugno 2016", alla salvezza in C "A Ferrara io e la mia famiglia ci sentiamo a casa. Nel futuro? Ho studiato da ds". Poi sui tifosi: "Fantastici, sempre al nostro fianco. E che emozione all’addio".

Bergamini

Sentiamo già la mancanza di Mirco Antenucci sul campo. Si è appena conclusa la stagione forse più travagliata di sempre, che ha visto la Spal rischiare in modo concreto la caduta nei Dilettanti, eppure un faro i tifosi l’avevano lo stesso là in mezzo, l’unico in grado di strappare applausi e cori. Sono stati cinque anni di Spal da montagne russe per l’attaccante spallino, arrivato nel 2016 e protagonista del periodo più bello dei biancazzurri degli ultimi cinquant’anni coronato con l’approdo in serie A, ma anche presente nel momento più sofferente, con il suo rientro da Bari nel 2023. Ora che non lo vedremo più gonfiare la rete sotto la Ovest, speriamo in cuor nostro di continuare a vederlo vestire gli stessi colori, sotto veste diversa.

Mirco, i progetti del futuro saranno ancora a strisce bianche e azzurre?

"Mi piacerebbe rimanere in questo ambiente, nel calcio, ormai ci sono da ventitré anni, e mi piacerebbe farlo a Ferrara. Sto aspettando di sapere qualcosa, vedremo le opportunità che si verranno a creare. Ho fatto il corso da direttore sportivo, vediamo...".

Il quartier generale della famiglia Antenucci resterà a Ferrara?

"Io, Eleonora e le bimbe rimarremo a Ferrara perché qui stiamo bene. Lei ha anche aperto un’attività, quindi vogliamo dare anche a questa continuità. Nella vita mai dire mai ovviamente, ho girato tantissimo, la certezza non si può mai avere ma per ora l’intenzione è di rimanere qui".

Cos’ha rappresentato Ferrara in questi anni?

"Dal primo giorno in cui arrivai a firmare, e me lo ricordo ancora bene, era il 20 giugno 2016, in città ho sentito una sensazione di grande benessere, che mi ha fatto pensare: questo è il posto giusto. Sensazioni che poi sono state confermate. Ovviamente i risultati, i gol, sono tutte cose che ti aiutano perché il calcio è fatto di questo, ma il rapporto che ho avuto con la piazza è qualcosa di raro, che difficilmente succede soprattutto nel calcio moderno. Anche io ho cambiato spesso squadra, soprattutto da giovane, ed è difficile creare dei legami. Nei cinque anni passati a Ferrara ho trovato qualcosa di davvero forte e unico".

Ha contribuito tanto sicuramente il grande rispetto che ha sempre dimostrato per la fede dei tifosi biancazzurri. Un rispetto fatto di gesti concreti e, quasi, di ammirazione. Corrisponde al vero?

"Nella mia carriera ho sempre avuto molto rispetto dei tifosi in generale, sono la parte fondamentale, di passione, di appartenenza di una città. Come si dice spesso, giocatori, presidente, allenatori, direttori passano, i tifosi rimangono, ed è la realtà. A Ferrara l’ho fatto a maggior ragione perché è una tifoseria che merita tanto, non lo dico per ingraziarmi nessuno, lo penso sul serio. La definirei una piazza all’inglese, che ha molta maturità, ci ha sempre sostenuto negli anni. Il minimo che noi possiamo fare, trovandoci dall’altra parte a rappresentare la città, è sudare davvero la maglia, dare sempre il massimo. Non ci dimentichiamo che i tifosi, che siano di curva, di tribuna, di altri settori, spendono soldi, fanno sacrifici per seguire la

squadra. Noi professionisti queste cose, quando ci alziamo la mattina, le dobbiamo ricordare".

Cosa le mancherà di più del calcio giocato e cosa meno?

"Lo spogliatoio mi mancherà tanto. Perché quando arrivavo lì, non mi sentivo 41 anni, ma 16-17 per spirito e per quanto mi divertivo. Anche l’attività fisica in sé mi mancherà molto. Mi mancherà meno di sicuro la tensione delle partite perché quella c’è sempre stata, anche fino alla fine. E se ti manca quella non puoi fare questa professione qua. Però sono più gli aspetti belli del calcio quelli di cui sentirò la mancanza rispetto a quelli meno piacevoli".

Questi due anni quanto sono stati difficili per lei e per le aspettative che aveva? Si è mai pentito di essere tornato, viste le difficoltà?

"Pentito mai, assolutamente. È stata una scelta forte, condivisa. Quando ho lasciato Bari non è stato semplice, perché mi ero legato tanto anche lì. Onestamente non pensavo che avremmo avuto tutte queste difficoltà, pensavo di poter ripetere di nuovo insieme ai ragazzi e alla città qualcosa di straordinario come avevamo fatto in passato; invece sono stati due anni tribolati per tanti motivi".

A bocce ferme, si è dato una spiegazione per tutte queste difficoltà che avete avuto?

"Sì, c’è sempre un motivo a tutto. Sono tanti gli aspetti che vanno migliorati, tante cose da fare meglio".

Ha avuto paura di retrocedere in D?

"Sì, quest’anno alla fine l’avevo messo in conto, quando hai cinquanta e cinquanta di possibilità lo devi mettere per forza. Una sensazione brutta perché va bene che nel calcio c’è chi vince e chi perde, ma retrocedere a Ferrara avrebbe cambiato totalmente tutto per me. Ho avuto paura, ma al ritorno siamo stati

bravi".

È stato difficile in questa stagione all’interno dello spogliatoio essere l’unico sostenuto a gran voce sempre e applaudito dai tifosi?

"Per i compagni mi è dispiaciuto. Io li vedevo ogni giorno e loro hanno fatto gli stessi sacrifici che ho fatto io, alla stessa maniera. I risultati non sono venuti e da parte della città c’è stata molta delusione, però mi è dispiaciuto nell’ultima partita che non abbiano ricevuto gli applausi, perché secondo me li meritavano".

Quale la cosa più emozionante in occasione della festa in suo onore all’ultima di campionato?

"Tutto. Onestamente era l’ultima cosa a cui pensavo, ero totalmente concentrato sulla partita. Feste così le ho viste fare ai grandi campioni, io sono stato un giocatore normale, ho cercato di basare la mia carriera sulla disciplina, sul miglioramento giorno dopo giorno. Essere apprezzato così è stato davvero un bellissimo finale".

Si contano sulle dita le sue assenze per infortunio o problemi fisici in queste ultime due stagioni a 41 suonati: ha stretto tante volte i denti oppure è merito del lavoro e della fortuna?

"Un po’ tutte le componenti. Tante volte ho stretto i denti, ma il lavoro che fai come prevenzione ti aiuta sempre. Il fatto che a 41 anni si dica che bisogna gestirsi, sono dell’idea che non valga per tutti, ma che dipenda da caso a caso. Forse ho saltato cinque allenamenti nell’ultima stagione. Sono stato anche molto fortunato a non avere infortuni gravi negli anni e quello ovviamente ti aiuta tanto".

Se dovesse descrivere con una sola parola cosa significa per lei la Spal, quale utilizzeresti?

"Famiglia. E spero che si torni a vivere quel senso lì. Quel senso di familiarità, di persone per bene, di cui ci si può fidare, di appartenenza. Ecco, per me Spal significa questo".