"Clima, l’import di cereali è irrinunciabile"

Alessandro Santi, presidente di Federagenti e operatore portuale: "Avere magazzini oggi vale oro. Ruolo chiave per le materie prime"

Alessandro Santi, presidente di Federagenti

Alessandro Santi, presidente di Federagenti

Il trend della portualità nel Nord Est. Ne abbiamo parlato con Alessandro Santi, primario

operatore portuale e presidente nazionale di Federagenti.

Come si presenta oggi la situazione dei porti centro nord adriatici?

"Relativamente a quest’area adriatica, vorrei sviluppare alcuni concetti che vanno oltre ai container come termini di paragone. Nell’area che prendiamo in considerazione i container pesano per il 20% dei traffici complessivi. Ravenna, Chioggia, Venezia, Monfalcone e Trieste hanno una vocazione molto più rivolta alle materie prime di importazione, destinate all’industria manifatturiera italiana, che è la seconda in Europa. I settori come metallurgia e agroalimentare stanno mostrando una grande resilienza. E questo è importante perché alimentano i nostri sistemi industriali. Questo traffico non è soggetto all’andamento dei noli che incide sul traffico container".

Agroalimentare e siderurgico, come vanno in questo momento?

"Il primo va bene, l’acciaio è un po’ fermo perché risente del caro energia. Credo che per i prossimi 4 mesi sul fronte agroalimentare i flussi saranno relativamente normali, grazie al ‘corridoio’ creato che consente all’Ucraina di esportare cereali. Questa situazione favorirà Ravenna e Venezia. I segnali di vitalità di Trieste, ma anche di Monfalcone con settori di nicchia che contribuiscono ad alimentare tutta la manifattura del triangolo Emilia Romagna-Veneto-Lombardia, offrono importanti prospettive".

Sull’agroalimentare pesa il cambiamento climatico.

"Il problema per l’Italia, l’Europa e altri Paesi è proprio questo. Nel nostro Paese abbiamo avuto il 30% in meno delle produzioni cerealicole. Lo stesso anche nei Paesi dell’Est, quindi scattano protezionismi che bloccano l’export. E’ la stessa situazione che abbiamo vissuto lo scorso anno in Canada. Il cambiamento climatico, inoltre, innescherà dinamiche che avranno un impatto molto superiore a quello del conflitto ucraino che tutti ci auguriamo possa concludersi entro tempi ragionevoli. Quindi, l’importazione dei cereali in Italia sarà comunque fondamentale e occorre anche in questo caso, farsene una ragione. Non era pensabile che, con lo scoppio della guerra ucraina, diventassimo tutti agricoltori per autoprodurre ciò che non arrivava più da quel mercato. E’ evidente che abbiamo dei vincoli legati, ad esempio, alla siccità. Prevedo quattro mesi intensi per l’import, ora che la nave è tornata competitiva rispetto al trasporto via treno".

Questo per quanto riguarda l’agroalimentare. E per l’argilla di ottima qualità che arrivava dal Donbass?

"Quando si è bloccato il mercato ucraino, siamo andati con la catena logistica a cercare argilla altrove. L’abbiamo trovata in India, in Spagna e Portogallo e in altri Paesi. Tutto ciò rientra nella modifica della catena della fornitura. Lo stesso che sta accadendo per l’acciaio che siamo andati a cercare in Brasile e in Asia. E’ chiaro che le nostre possibilità di ripartenza, come sistema- Paese, sono legate oggi a due fattori primari: il fenomeno inflattivo e la potenziale recessione della Germania, di cui siamo paesi fornitori per eccellenza. Anche se sul fronte delle materie ci siamo stabilizzati positivamente, pesa enormemente il costo energetico e quindi ci vorrà ancora qualche qualche mese perché si possa

rivedere un minimo di luce".

Veniamo ai lavori per l’hub portuale. Oltre a fondali e banchine, ci sono anche 200 ettari a disposizione di insediamenti logistici.

"E’ una circostanza assolutamente positiva. Ha fatto bene il ministero dell’Agricultura a mettere a disposizioni fondi del Pnrr per Piattaforme logistiche agroalimentari e ha fatto l’attuale governo a rilanciare la proposta. E’ un’operazione prospettica, anche se già oggi e almeno per i prossimi 6 mesi, avere magazzini liberi vale oro".