MARIA SILVIA CABRI
La strage di Monte Sole

La laurea di Erika dedicata a tutti i caregiver: "Ora continuerò a lottare per i loro diritti"

Da 10 anni accudisce la madre. Inizialmente esclusa per un punto dalla Magistrale, è riuscita a terminare gli studi: "Ma serve una legge"

La laurea di Erika dedicata a tutti i caregiver: "Ora continuerò a lottare per i loro diritti"

La laurea di Erika dedicata a tutti i caregiver: "Ora continuerò a lottare per i loro diritti"

"Tutto quello che ho fatto lo rifarei, perché prima di ogni cosa viene mia madre". La storia di Erika Borellini, 29enne originaria di Rovereto sulla Secchia, è una storia di sentimenti, umanità, coraggio, determinazione. Lei, con la modestia tipica di chi ama stare ‘dietro le quinte’, la definirebbe una storia ‘molto normale’. Ma quello che Erika ha fatto, specie negli ultimi quattro anni, e continua a fare, va ben oltre. Il 19 ottobre scorso è stata proclamata dottoressa in Ingegneria Elettronica, laurea magistrale all’Unimore, con 105 di votazione. Erika è solare, ironica, ma prima di tutto, come lei stessa sottolinea, è una caregiver: da dieci anni si prende cura, giorno dopo giorno, (insieme al papà Stefano) della madre, Lorenza Tarasconi, colpita da aneurisma celebrale nel 2013. E lo fa sempre con il sorriso, in uno straordinario rapporto di comunicazione. Da studentessa universitaria caregiver ha lottato come una guerriera per ottenere che la sua posizione venisse equiparata a quella di studente lavoratore, senza mai arrendersi: la sua battaglia è iniziata nel 2019 quando, dopo essersi laureata con 84110 alla triennale di Ingegneria Elettronica all’Ateneo di Modena, per un solo punto si è vista negare l’accesso alla Magistrale che richiede un punteggio di almeno 85. Un diniego che ha smosso in breve tempo l’opinione pubblica, coinvolgendo rappresentanti del mondo studentesco, politico, istituzionale e tantissimi cittadini. A fronte del secco ‘no’ di Unimore, Erika non si è mai arresa e la sua tenace lotta ha portato frutti, come dimostra la sua recente laurea magistrale e, dunque, l’avverarsi del suo sogno.

Erika, com’è iniziata questa ‘battaglia’?

"Quando mi hanno escluso per un solo punto non ci potevo credere, ho iniziato a rivendicare il mio diritto allo studio e il fatto che dovesse essere riconosciuta la mia posizione di studente caregiver come si fa con i lavoratori (che hanno un bonus di due punti) e sono diventata, mio malgrado, una attivista ‘non consapevole’. Inizialmente, infatti, pensavo che non interessasse a nessuno la mia storia personale: proprio per questo devo dire grazie alla fiducia e lungimiranza di un amico di famiglia del Trentino che ha lanciato una petizione in mio favore sulla piattaforma on line Change.org. In due ore ho ricevuto mille firme: in brevissimo tempo la mia vicenda si è diffusa a livello nazionale e le firme sono presto diventate 100 mila".

Cosa è successo in seguito?

"Dopo un altro diniego, quello del difensore civico di Unimore cui mi sono rivolta, presentando un esposto, a scendere in campo sono stati i miei compagni sulla piattaforma on line Change.org che hanno intensificato la raccolta firme per chiedere la mia ammissione alla magistrale al suono di ‘Facciamo valere i diritti dei caregiver nelle università’. Mi hanno contattata anche altre università, ma io non potevo spostarmi da Modena per non lasciare sola mamma; c’erano quelle telematiche ma io volevo ‘vivere’ i laboratori. Mentre la scadenza per le iscrizioni di avvicinava (dicembre), la ‘svolta’ è arrivata inaspettata in ottobre, quando, durante una trasmissione della Rai in cui ero ospite, è intervenuto in diretta l’allora Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti confermando che gli studenti caregiver potevano essere parificati a quelli lavoratori, ai quali viene riconosciuto di diritto il ‘bonus’ di due punti. A novembre 2019, il Magnifico Rettore Carlo Adolfo Porro ha firmato la deroga che mi ha consentito l’iscrizione alla Magistrale".

Il sogno si è avverato…

"In quei mesi, ma anche adesso, sono tante le persone che mi hanno scritto per ringraziarmi per la battaglia portata avanti, dicendomi che credevano in me, di non mollare e che si sentivamo meno sole. Abbiamo creato, anche mediante i social, dei gruppi di auto-mutuo-aiuto per noi caregiver, di ogni età, per sostenerci reciprocamente. La rete esiste a livello di burocrazia, ma manca il sostegno psicologico: si ha bisogno di sentirsi liberi di sfogarsi, senza sentirsi giudicati, scambiandoci reciprocamente energia. Ho scoperto l’esistenza di un ‘cosmo’ di persone che avevano bisogno di un ‘portavoce’ per sensibilizzare la cultura sul tema e l’opinione pubblica, altrimenti non si arriverà mai al riconoscimento di certi diritti. Anche se ammetto che verso la fine dell’università ho avvertito molta stanchezza, perché oltre allo studio e all’impegno sociale dovevo portare sempre avanti il mio primo lavoro, quello di caregiver per mamma: quello non si può mettere in ‘pausa’".

E ha messo a disposizione degli altri l’esperienza acquisita…

"Mentre studiavo ho iniziato a frequentare il laboratorio ‘EduCare’ di Unimore, ‘Educare per umanizzare la cura’, presso il Centro dei Servizi didattici della facoltà di Medicina e Chirurgia. Mi hanno chiesto di tenere qualche lezione, come ‘caregiver formatore’, a Medicina e a Infermieristica, per insegnare le ‘best practice’ nella relazione con il paziente".

La sua mamma che ruolo ha avuto in questo percorso?

"Il ruolo, straordinario, che ha ogni mamma. Si arrabbiava a fronte delle ingiustizie, si preoccupava quando facevo il tirocinio o quando andavo lontano: ha iniziato a rilassarsi dopo che mi sono laureata. Ho da sempre con lei un rapporto molto intenso, che è continuato anche dopo l’aneurisma, con diversi canali di comunicazione".

Com’è cambiata la sua vita dal 2013?

"Mamma aveva solo 47 anni, io 19; sono dovuta crescere molto in fretta, aiutare papà nel prendermi cura di lei sotto tutti gli aspetti. Ma mamma mi ha insegnato tutto: con gli occhi. Ho imparato a cucinare, a piegare le maglie, a pulire casa; l’apparenza ha perso importanza. Mamma mi ha insegnato cosa sia l’empatia e il significato della parola amore. Ho imparato che il tempo che le dedico non deve essere di quantità ma di qualità. E ringrazio chi ho al mio fianco, come il mio fidanzato Federico e i miei amici che mi consentono di fare tutto questo".

Ora quali sono i suoi programmi?

"Sto studiando per l’esame di Stato che ho il 16 novembre. Attendo il bando per una sede di ricerca, altro mio sogno e proseguirò nella formazione dei ‘pazienti formatori’. Adesso che mi sono laureata posso dire che il caso è un ‘precedente’: intendo scrivere all’università per sapere se davvero sono stati fatti dei cambiamenti a favore dei caregiver. Non devono restare solo belle parole. Al tempo Maria Laura Mantovani del M5S portò il mio caso in Parlamento, e ora Alberto Stefani, parlamentare della Lega, ha presentato una proposta di legge per il riconoscimento della figura dello studente caregiver familiare, con un percorso di studi agevolato. Il lavoro de caregiver è usurante, specie se si somma ad un’altra professione: per questo continuo a battermi e ho dedicato la mia tesi ‘A tutte quelle persone che hanno creduto in me e mi hanno permesso di arrivare a questo traguardo’".