
di Francesco Moroni
Alberto Notari, presidente di Cia Emilia Centro, che momento attraversa l’agricoltura del territorio?
"L’ortofrutta ha vissuto un grande sviluppo, ma ora si trova a fare i conti con queste gelate e un clima che ad aprile, a causa di un inverno mite e siccitoso, ha portato una Pasqua addirittura più fredda del Natale". Il bilancio è fin troppo chiaro: il comparto sta attraversando un momento di difficoltà, che richiede soluzioni urgenti. "Con la fase enologica avanzata, il ritorno del freddo con punte fino a meno cinque gradi ha colpito le nostre colture – aggiunge Notari –. Dalle albicocche alle pere, ci sono stati danni ingenti".
Su tutte, la preoccupazione principale riguarda ancora una volta i cambiamenti climatici.
"C’è il grande tema della disponibilità d’acqua e della siccità. Sono temi ciclici, se ne parla da anni: qualcosa è stato fatto, tanto si può fare ancora, e la Regione giustamente ha spinto verso un’ottica di miglioramento dell’utilizzo delle risorse idriche. Noi, come Cia, ci siamo spesi per la possibilità di ottimizzarne l’uso con impianti su irrigui o ‘goccia goccia’. Poi c’è tutto l’aspetto delle fitopatie".
Su questo cosa racconta?
"Nel Modenese, dal Lambrusco al Pignoletto, si trovano sempre grandi soddisfazioni, con bottiglie e prodotti rinomati in tutto il mondo. Beh, una grossa fetta di aziende ha investito molto nella viticoltura e ora si trova a fare i conti con fitopatie nuove e vecchie, che tornano a danneggiare le nostre coltivazioni".
Come avete agito?
"Abbiamo insistito moltissimo sul tema della ricerca e delle tecniche di evoluzioni assistita, per cercare di avere piante più resistenti ai patogeni. È il modo nel quale proviamo ad accompagnare l’agricoltura verso la sostenibilità ambientale".
Tornando alla crisi del settore, quali altri aspetti sottolinea?
"Proprio in questi giorni stiamo lanciando una petizione a tutela del grano duro italiano: ci troviamo di fronte a semine fatte in un periodo nel quale il costo era particolarmente salito per tutti gli input produttivi, e ora assistiamo a un crollo, che può comportare addirittura la possibilità di trovare in trebbiatura un costo inferiore a quello di produzione".
Questo a cosa è dovuto?
"C’è chi parla di un normale rischio in cui può incorrere l’imprenditore, ma in realtà alle spalle c’è una speculazione ingiusta. Lo vediamo dalle continue testimonianze che ci arrivano: c’è una grossa diminuzione delle superfici investite a mais. Eravamo abituati alle grandi pianure verdi, ora il trend è diverso".
Il momento sembra particolarmente ostico.
"Non vogliamo fare i soliti agricoltori che si lamentano sempre, ma negli ultimi anni abbiamo visto una serie di fattori che hanno minato pesantemente il settore. Un’evoluzione rapida e importante e un andamento altalenante, vedi le materie prime, che in un anno, prima sono decuplicate e poi sono tornate vicine a prezzi affrontabili".
Solo ombre, o c’è anche qualche spiraglio positivo?
"Alcuni settori vanno bene, come l’agriturismo o quello delle multifunzionalità, nel quale le aziende stanno continuando a diversificare le produzioni tipiche, per riuscire a dare anche un’offerta turistica e di valorizzazione del territorio".