
Sergio Mattarella è oggi in città per la seconda volta in meno di quattro mesi, la terza in poco più di cinque anni. Un’assiduità che, seppur forzata dagli eventi di maggio, non è comune nella storia. Basti pensare che dalla visita di Luigi Einaudi nel 1952 (quando visitò la ‘Primavera romagnola’ alla Fiera) passarono 45 anni prima di un altro capo dello Stato: fu Oscar Luigi Scalfaro nel luglio 1997. A proposito: Scalfaro tornò poi nel 1999; Sergio Mattarella, con tre tappe divise su due settennati, lo supera. E difficilmente qualcuno potrà eguagliarlo in futuro.
Sia a Forlì che a Cesena ci sono stati momenti intensi, di grande partecipazione emotiva. Solenni. Prestigiosi. Altri contrassegnati da polemiche o passioni politiche tipiche della Romagna. L’ultimo presidente in visita prima di Mattarella fu Giorgio Napolitano: l’occasione era il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. L’inquilino del Quirinale volle sottolineare la ricorrenza fin dai primissimi giorni del 2011, agganciandosi alla data del 7 gennaio, giorno in cui si celebra la nascita del tricolore. Mattinata a Reggio Emilia, dove la bandiera apparve per la prima volta. Poi in serata l’aereo presidenziale lo portò al Ridolfi. Napolitano fu accolto in primis in Consiglio comunale, dove scherzò con gli assessori: "Siete il potere, a voi non stringo la mano...". Si complimentò con la consigliera Sara Samorì per un foulard tricolare. Trascorse la notte in Prefettura, per poi muoversi il giorno dopo verso il teatro Diego Fabbri. Con una tappa memorabile: il presidente immobile, in un silenzio carico di riflessioni, su un tappeto rosso che finiva ai piedi della statua di Aurelio Saffi, forlivese e figura chiave del Risorgimento. La celebrazione del nostro Ottocento proseguì con un discorso del sindaco-storico, il prof Roberto Balzani, a teatro.
Il 27 settembre dell’anno successivo il presidente fu a Cesena per un altro momento destinato a rimanere nella memoria, per l’inaugurazione dell’avveniristica sede di Technogym. Per l’occasione, il colosso del wellness aveva invitato niente meno che Bill Clinton, ex inquilino della Casa Bianca. E Napolitano non si sottrasse dalla suggestione in stile Usa, chiosando il patron Nerio Alessandri come "self made man" in stile americano.
Come detto, non sempre tutto è filato liscio, nel segno della concordia istituzionale e patriottica. Nel 1997 Forza Italia e Alleanza Nazionale disertarono l’omaggio a Scalfaro. "Demagogo", "novello Pilato": al centrodestra non andava giù il ‘ribaltone’ (così lo chiamavano) che aveva interrotto il primo governo di Silvio Berlusconi. Anche i radicali pensarono a una protesta, vestiti da fantasmi, contro la legge sul finanziamento pubblico ai partiti. Infine, si tramanda un battibecco tra lo staff del Quirinale e l’abate di San Mercuriale don Quinto Fabbri sull’uso degli spazi di pertinenza della parrocchia (a Scalfaro andò meglio la stessa al teatro Bondi di Cesena, dove assistette a un concerto del Conservatorio; nel 1999 inaugurò invece la casa di riposo degli Avventisti, in via Curiel).
Densa di significati la visita di Carlo Azeglio Ciampi il 9 febbraio 2000: data simbolo per i repubblicani, che infatti consegnarono al presidente una coccarda tricolore. Inoltre l’epicentro della visita fu in corso Diaz, presso la lapide che ricorda Roberto Ruffilli: il centrodestra aveva protestato già nel 1997 perché voleva sottolineare la matrice ‘rossa’ dell’omicidio. Ma ogni polemica svanì di fronte al silenzio rigoroso e commosso del presidente davanti alla casa del senatore. La seconda parte della giornata fu al Palafiera, dedicata alla facoltà di Ingegneria aerospaziale: le autorità locali lo raggiunsero con un pullmino. Fu un’esplicita richiesta di Ciampi: "È più sobrio – dissero i suoi uomini –. Il presidente non sopporta il corteo delle auto blu".
Marco Bilancioni