
Quarantacinque millimetri di pioggia in pochi minuti: è successo all’alba di venerdì, appena pochi giorni fa. Beffardamente, il temporale si è scaricato proprio sui quartieri Romiti e su San Benedetto: viale Bologna, via Padulli, via Locchi e via Nervesa, via Pelacano, via Gorizia... un rosario di strade colpite duramente già a maggio. E ancora l’acqua si è rivista in qualche garage o cantina, o affacciata alle porte d’ingresso delle abitazioni, mentre cerca di entrare nelle vite della gente. Ancora una volta senza chiedere il permesso.
Il 30 maggio, il capo dello Stato Sergio Mattarella pronunciò in piazza Saffi la parola "ricostruzione". Che evoca asfalto, cemento, strade, ponti. C’è bisogno anche di quelli, naturalmente: basti pensare alle 700 frane di Modigliana, a Ca’ Stronchino, al Trebbio, a Montepaolo, alle Trove. Al senso unico alternato sulla Bidentina all’altezza di Pianetto, frazione di Galeata. Alla casa che crollò già il 2 maggio a Porcentico, una frazione di Predappio. Per tanti altri, l’alluvione ha lasciato segni inferiori. Ma non meno devastanti, almeno nell’animo.
Il Comune di Forlì ha quantificato che tra il 16 e il 17 maggio l’acqua abbia coperto il 40% del territorio comunale, dal Ronco a Villafranca. Tutti e tre i fiumi cittadini sono arrivati al massimo storico della portata. Sono state coinvolte 43mila persone: circa un terzo dei residenti. Non tutti vicini ai fiumi: in campagna sono esondati perfino i fossi. In altri punti la melma è risalita inesorabilmente da scarichi, tubi, pilette. Questo spiega lo stato d’animo dei forlivesi colpiti, oggi: innanzitutto, la paura di ogni pioggia.
Nel primo weekend di giugno, in una città ancora sottosopra, due giorni di precipitazioni intense ributtarono fuori l’acqua dalle fognature, riportando il fango dove era appena stato faticosamente eliminato. A fine agosto, le previsioni meteo in peggioramento portarono alcuni quartieri a fare incetta di sacchetti di sabbia. E poco contava che il Comune giurasse che adesso le condutture sono state tutte pulite, i fossi risagomati (e nel frattempo la Regione ha ritirato su gli argini lungo il fiume Montone). Venerdì è successo di nuovo: precipitazioni troppo intense, poi, man mano, le caditoie hanno bevuto la pioggia in eccesso. Ma quanta è caduta è stata più che sufficiente per innaffiare la pianta della paura, della rabbia, dell’esasperazione.
Tutto questo produce un sottofondo di dichiarazioni più o meno politicizzate: accuse al Governo, alla Regione, al Comune; proteste di comitati, partiti, sindacati; repliche di sindaci, assessori, politici fedeli a questo o a quello schieramento. Ma sotto sotto c’è quell’insicurezza, quell’impotenza che si prova guardando le previsioni meteo, ogni volta che annunciano maltempo.
Può entrare nel vivo la ricostruzione auspicata da Mattarella? A che punto siamo? Ai comuni sono arrivati i soldi (289 milioni) per i lavori di somma urgenza: è bastato che il commissario straordinario per l’emergenza alluvione, Francesco Paolo Figliuolo, li promettesse per sbloccare alcuni cantieri a luglio. Con i lavori già programmati nel 2024 si arriva una spesa totale da 860 milioni: risorse nel portafoglio del generale, che vengono stanziate man mano. Figliuolo sta lavorando anche, sul fronte burocratico, a un’ordinanza che permetta di far partire un piano per la messa in sicurezza dei fiumi del valore di 450 milioni. In Emilia-Romagna sono stati terminati i primi mille cantieri, per un costo di 15 milioni. Ma i numeri dicono che c’è molto di più, da fare: quasi ottomila altri cantieri, meno di duemila già partiti. Fino a 500mila euro di valore, gli enti locali potranno agire con l’affidamento diretto, risparmiando tempo. Tra questi, per fare alcuni esempi, non ricadono né la frana delle Trove a Dovadola né la Bidentina: nel primo caso, però, i soldi sono già stanziati.
Il tema dei lavori pubblici si intreccia con le ristrutturazioni private. Molti si chiedono: come posso sistemare casa se rischio nuovi allagamenti o frane? L’arrivo dell’autunno non lascia tranquilli. Il punto chiave, però, stanno diventando i rimborsi ai cittadini danneggiati. La premier Giorgia Meloni, fin dalla sua prima visita a pochi giorni dal disastro, ha promesso coperture del 100% per tutti i danni. Solo le attività produttive, agricoltura compresa, in Emilia-Romagna hanno stimato che servano 2 miliardi. Intanto a settembre dovrebbero arrivare i moduli per le perizie. Entro metà novembre sarà online una piattaforma per le richieste (basterà una semplice perizia asseverata). E i soldi? Il fondo è salito a quota 600 milioni: è stato recentemente triplicato grazie allo stanziamento di 400 milioni di cassa integrazione non sfruttata.
Se le cose andranno bene, se si ricostruirà anche la fiducia, però, si capirà da segnali molto piccoli. Come la pioggia.