
Il paese delle 700 frane. Erano cento, i primi giorni di maggio. "No, sono almeno 300, ma attenzione, la verifica è parziale", avvisarono i tecnici dopo il 16 maggio. Fino all’ultima stima: 700. Modigliana, paese di 4.300 abitanti dell’Appennino forlivese a ovest del capoluogo, è stata letteralmente fatta a pezzi dall’ondata di maltempo. Anche per questo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto venire in visita lo scorso 30 maggio, arrivando in elicottero in maniera tale da rendersi conto personalmente, dall’alto, della devastazione. Ne avrebbe parlato un’ora più tardi, a Forlì: "Ho visto le ferite del territorio, le strade distrutte".
Una lettera rivelata pochi anni fa dice che Gioacchino Murat, re di Napoli e generale di Napoleone, avrebbe fatto seppellire da queste parti una rilevante porzione del suo tesoro, ottomila monete d’oro e svariate pietre preziose. Le frane hanno rivoltato il territorio come un calzino, distruggendo forse per sempre – chissà – questo antico e romantico sogno. Si badi bene: per i modiglianesi gli episodi di grande intensità sono stati almeno due, in un mese – maggio – in cui ha piovuto almeno un po’ praticamente tutti i giorni. È il 2, quando l’Appennino comincia ad andare in pezzi: a Forlì si allaga solo qualche via a ridosso del fiume Montone, nel quartiere San Benedetto. A qualche chilometro di distanza saltano invece, per esempio, le strade sul monte Trebbio.
Ci sono smottamenti di ogni forma e dimensione: una, visitata dalla segretaria del Pd Elly Schlein, incombe sul campo sportivo nel cuore del paese; un’altra ha spalancato un vero e proprio burrone nel cortile di una casa di collina; in un’azienda agricola, là dove c’erano viti, c’è un cratere profondo 7 metri. Ovunque, danni incalcolabili. E se sul Trebbio si è creato un cosiddetto bypass – una strada in terra battuta sopra la frana –, il simbolo del disastro resta il ponte di Ca’ Stronchino, malinconicamente spezzato a metà.
Dopo Mattarella, a fine agosto in paese è venuto anche il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza alluvione: sul ponte, il sindaco Jader Dardi gli ha raccontato che i soldi ci sono quasi, per anticipare la ricostruzione (in quanto lavoro di somma urgenza, ha comunque diritto ai fondi nazionali): servono circa 1,3 milioni e l’ultima donazione è stata di 250mila euro da Conad. Il Comune si sta avvicinando alla quota di un milione.
Il lavoro da fare resta enorme: nel momento di massima emergenza il Comune ha stanziato 1,9 milioni, tanti per un piccolo ente, un’inezia rispetto a un disastro che non ha risparmiato nulla. Dopo il 16 maggio Modigliana è perfino rimasta isolata, con problemi del rifornire i distributori locali di benzina. L’agricoltura, qui dove c’è una forte tradizione nella coltivazione del kiwi, è letteralmente distrutta.
Però Modigliana non è un paese che si arrende. Qui, in un certo senso, è nato il Risorgimento: nel 1849 l’eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi, braccato dagli austriaci, pochi giorni dopo la morte della sua amata Anita, riuscì a mettersi in salvo raggiungendo il Granducato di Toscana. Appena oltre il confine con lo Stato Pontificio aveva trovato un paese dove un prete coraggioso, don Giovanni Verità, condivideva con lui gli ideali risorgimentali al punto da nasconderlo a casa sua: era Modigliana.
La gente di oggi, in un altro contesto, non è da meno. Come Marco, un infermiere che doveva andare in pensione proprio il 16 maggio: il suo ultimo turno di lavoro, mentre infuriava l’emergenza, è durato 54 ore. Nel weekend appena trascorso si sono tenute le feste dell’800, la principale iniziativa, un primo segnale di resistenza alle avversità. Ma, se il passato è sinonimo di grandezza, è il futuro che va (ri)costruito. Possibilmente, prima che torni l’autunno.