di Cristina Degliesposti
FORLÌ
L’anno scolastico 2023-24 si apre nel solco di un’emergenza – l’alluvione in Romagna – che lascia in dote pesanti eredità. Cosa è stato fatto fin qui?
"Molto, tanto che l’anno inizia senza alcun istituto fuori dalla propria sede, se non per cantieri legati al Pnrr – spiega Stefano Versari, direttore dell’Ufficio scolastico regionale –. Il ministro Valditara ha chiesto immediatamente di cosa avessero necessità le scuole alluvionate e in quattro giorni il Consiglio dei ministri aveva autorizzato lo stanziamento per le realtà emiliano-romagnole che, a fine giugno, hanno potuto spendere gli 8,5 milioni di euro assegnati, cioè il 100% della richiesta fatta: 700mila euro per le scuole paritarie, il restante per quelle statali di ogni ordine e grado".
Quali sono stati gli interventi sostenuti con quella somma?
"Ho autorizzato interventi principalmente su tre settori, avendo come obiettivo di fondo per tutto la continuità didattica. Il primo è stato l’acquisto di arredi, comprese ad esempio nuove macchine a controllo numerico per l’istituto professionale di Lugo (Ravenna) andate sott’acqua. Poi abbiamo finanziato interventi di edilizia ’leggera’, indipendentemente da chi avesse la proprietà dei locali, come rifacimento intonaci, vernici, sostituzione tapparelle. Infine, fondi per il sostegno alla didattica di alunni e insegnanti, per l’acquisto di libri e tablet perché ci sono state scuole non alluvionate, ma intere famiglie sì".
Emergenza finita quindi?
"C’è una coda in corso di interventi che gli enti locali proprietari degli immobili stanno sostenendo per sostituire caldaie e quadri elettrici danneggiati da acqua e fango prima dell’inverno, ma nessuna scuola, ad esempio, ha fatto uso del fondo per l’affitto di locali alternativi, se non quelle dove sono in corso progetti di riqualificazione legati al Pnrr".
Sul fronte frane in Appennino, dove molti abitati hanno ancora difficoltà di collegamento, è possibile pensare a un ripristino della didattica a distanza?
"Da un punto di vista culturale dobbiamo superare totalmente la dad, che deve restare solo l’extrema ratio. Si valuterà ogni singolo caso".
Dall’emergenza climatica a quella educativa: il disagio giovanile, dopo Caivano e non solo, è entrato ormai nell’agenda politica. E la scuola?
"Quello che vediamo è frutto di drammatiche povertà educative, culturali e sociali. Sono fenomeni diffusi, ma non descrivono tutto il quadro: il timore è che la visione risulti priva di speranza, mentre il quadro complessivo è positivo. Sono certo che la scuola sia l’elemento centrale, ma si impara per imitazione: la scuola offre ai giovani dei modelli, ma se quando escono trovano un deserto di relazioni e modelli dissonanti tra loro è chiaro che da soli non ce la facciamo".
È un richiamo alle famiglie?
"A tutti. La scuola ha bisogno di sostegno dalla comunità, dobbiamo interrogarci sui modelli che vengono offerti a questi ragazzi: questo vale sia nelle zone disperatamente povere, come Caivano, che in quelle presuntivamente ricche come in generale l’Emilia-Romagna. E dove, proprio per questo, per questa perdita di fiducia verso il mondo della scuola, siamo inondati di ricorsi contro le bocciature".
Che modello-messaggio veicola un ricorso?
"La sfiducia verso mondo adulto e scuola, e che ci sia un modo per farla comunque franca, mentre tutto deve essere commisurato e la scuola richiede impegno, dedizione".
Gli ultimi rapporti pubblicati dall’Usr segnalano un incremento continuo dei casi di disturbi dell’apprendimento e, in alcune province, anche delle disabilità. Che lettura ne dà? Si tratta di problemi un tempo sottovalutati?
"In parte. La crescita delle certificazioni di disabilità (certificazioni 104) e ancor più dei Dsa è progressiva e inarrestabile. Ma a volte con situazioni addirittura incomprensibili da un punto di vista scientifico".
Spieghi.
"Com’è possibile la crescita esponenziale di diagnosi di Dsa con percentuali ben superiori ai dati medi indicati dalla letteratura scientifica di riferimento? O che certificazioni di disabilità con medesima classificazione possano differire del 50 o anche 100% fra province limitrofe? La scuola prende atto delle diagnosi delle Ausl, ma l’auspicio è che segua anche una presa in carico del problema da parte del sistema sanitario".
Resta in capo alla scuola, però, il problema del sostegno per gli alunni disabili.
"E il problema del precariato degli insegnanti di sostegno non lo risoveremo se non mettendo mano a due temi. Il primo richiede una legge del parlamento per il superamento della modalità attuale di assegnazione dei posti in deroga per situazioni gravi: per l’Emilia-Romagna questo anno sono stati autorizzati circa 7000 posti in organico e io a luglio ne ho autorizzati altri 6000 circa in deroga e altri lo saranno a breve. La modalità della deroga comporta che questi posti siano precari. Inoltre, per essere immesso in ruolo un insegnante deve avere specializzazione universitaria per il sostegno, ma delle circa 25mila specializzazioni rilasciate ogni anno a livello nazionale, in questa regione le università ne rilasciano circa 700".
Di recente ha fatto discutere una sua frase: ‘meglio una pluriclasse che un un tempo pieno in più’. Cosa intendeva?
"Intendevo che se ci sono due richieste di posti docenti, una per pluriclasse e una per tempo pieno, ed è disponibile un posto solo, sono certo che vada garantita prioritariamente l’offerta formativa di prossimità nelle aree periferiche del territorio, sennò il territorio si desertifica e le comunità muoiono".