"Scavalcavo la rete per vedere i campioni"

Stefano Domenicali, a.d. della F1, è imolese doc: "Da ragazzo adoravo Villeneuve, la prima vittoria di Michael fu una liberazione"

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di Leo Turrini

"Facciamo che questa non è una intervista, ma un viaggio tra le memorie della mia giovinezza…"

Stefano Domenicali è l’imolese più famoso nel mondo. È stato il capo del reparto corse della Ferrari. Ha fatto il presidente della Lamborghini. Adesso occupa il ruolo che fu del leggendario Bernie Ecclestone: è lui a gestire il business del Circo a quattro ruote.

"Ma non ho mai reciso le radici - sospira il Dom, classe 1965 –. Ho l’ufficio a Londra, la Formula Uno mi porta in tutti i continenti. Eppure Imola è casa mia, sempre".

Figuriamoci adesso con il Gran Premio.

"Qui faccio volentieri un discorso, come dire, istituzionale. Ringrazio chi mi attribuisce il merito di avere riportato la F1 a Imola, ma fondamentale è stato il supporto del governo nazionale e della Regione Emilia Romagna. Se non temessi di suonare retorico, mi spingerei ad affermare che questo ritorno delle monoposto sulla pista dedicata ad Enzo e Dino Ferrari è una bella testimonianza di italianità, intesa nel senso migliore del termine".

E sugli spalti c’è il tutto esaurito.

"Siamo nella terra dei motori! Poi incide anche la nuova popolarità della Formula Uno, che sta conquistando i giovani. Onestamente io sono stato fortunato: appena arrivato al vertice della F1, abbiamo vissuto l’epico duello tra Hamilton e Verstappen. Adesso è tornata al top la Ferrari. Meglio di così…"

Per entusiasmo popolare sembrano tornati i giorni di Villeneuve e Schumacher.

"Eh, Gilles era il mio idolo assoluto da ragazzino. Ma avevo cominciato a frequentare l’autodromo anche per le gare delle moto. La 200 Miglia su due ruote era uno spettacolo. A scuola ne parlavamo per giorni e giorni. Chi se lo dimentica, un mito come Giacomo Agostini?"

Poi arrivò Gilles.

"Sinceramente faccio fatica a spiegare chi sia stato Villeneuve a chi ancora non c’era per ragioni anagrafiche. Fu un catalizzatore di emozioni. Eravamo tutti per lui. Ci incantava con le sue acrobazie, con il suo coraggio senza limiti. Gilles è stato molto più di un pilota. Io scavalcavo le reti del circuito di notte, per lui".

Prego?

"Insomma, non dovrei confessarlo considerato il ruolo che occupo adesso, ma da adolescenti senza soldi in tasca facevamo di tutto pur di vedere la Rossa di Villeneuve da vicino".

Non si può raccontare la storia di Imola senza Gilles eppure il canadese qui non ha mai vinto.

"È vero, il destino talvolta è beffardo. Ma non sono solo gli ordini d’arrivo a fare la storia di un circuito".

È come è stato per Stefano Domenicali, anni dopo, tornare a Imola in veste di dirigente Ferrari?

"Mi faceva uno strano effetto, lo ammetto. Per usare un paragone calcistico, ero sceso dalla curva al campo. Prima tifavo, dopo giocavo".

Con Schumi sono stati anni belli.

"Meravigliosi. Rammento ancora il boato che accompagnò la vittoria di Michael nel 1999. La Ferrari non trionfava a Imola dal 1983. Fu una liberazione. E per me fu una gioia doppia. Come imolese doc e come manager della Rossa".

E ora siamo nel 2022.

"Imola meritava di riappropriarsi della Formula Uno. Questa è una storia d’amore. E non è solo una storia mia".