Giustizia non vendetta per gli assassini di Willy

La lettera. Risponde il condirettore del Resto del Carlino, Beppe Boni

Bologna, 15 settembre 2020 - Gli avvocati dei quattro giovani accusati dell'omicidio di Willy Montero temono ritorsioni per i loro assistiti poiché il pestaggio-omicidio del 21enne potrebbe infatti apparire un gesto vigliacco e odioso che nelle legge non scritta del carcere è assimilato a quelli perpetrati ai danni di donne e bambini. Adesso ,dopo, il bestiale assassinio chiedono favori carcerari (restare in isolamento dagli altri detenuti), loro che hanno massacrato senza pietà alcuna un innocente. No, subito in comune con gli altri reclusi e che meditino sulle loro colpe . Umberto Antolini

risponde il condirettore del Resto del Carlino, Beppe Boni I quattro scellerati accusati della morte di Willy (tre sono in carcere, uno ai domiciliari) meriterebbero davvero di essere messi in cella con altri detenuti. Finirebbe probabilmente molto male per loro. Ma l'ordinamento giudiziario si basa su regole civili, non quelle selvagge e violente radicate nel cervello dei fratelli Bianchi e dei loro amici appassionati di arti marziali. Hanno ucciso il povero Willy Montero per il gusto di picchiare, di sentirsi dei superuomini che possono punire chiunque in modo violento. Lo hanno massacrato per il piacere di farlo, la politica qui non c'entra. Non per questo vanno messe sotto processo le arti marziali, che peraltro sono tante e diverse fra di loro. Soprattutto quelle giapponesi hanno la dinamica di un rito quasi religioso, insegnano l'autocontrollo e l'equilibrio nell'uso della forza che non deve mai essere usata all'esterno tranne che per difesa personale. Nelle palestre lo si insegna, si cerca di formare gli atleti. Ma spesso cervelli malati come quelli del gruppo dei fratelli Bianchi usano ciò che imparano in modo distorto. Bisognerebbe avere il coraggio di allontanarli ove si riesca a comprendere che si ha che fare con soggetti potenzialmente border line. L'inchiesta farà il suo corso e stabilirà le responsabilità. C'è da sperare che le pene siano perfettamente adeguate all'offesa recata. Non è vendetta ma giustizia. Anche nel rispetto della dignità dei genitori del ragazzino i quali non hanno alzato la voce, non hanno chiesto nulla. Hanno pianto nel ricordo del del figlio.

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