Ciclisti e strade sicure

La voce dei lettori

Ogni sabato passo davanti alla bici bianca posizionata da Salvaiciclisti Bologna in Via Scania a Castel San Pietro in ricordo di Davide. Ogni volta, oltre ad un profondo dolore, penso che sia stato fatto poco per avere una strada più sicura. Il 30 Novembre ha perso la vita Davide Rebellin, investito da un camion che non si è nemmeno fermato, a soli cinque anni da Michele Scarponi e Nicky Hayden, sportivi che si aggiungono ad una statistica impietosa, 108 i ciclisti che hanno perso la vita sulle strade italiane nei primi 8 mesi dell’anno.  Penso continuamente a cosa si possa fare, non abbiamo istituzioni capaci di pensare a una mobilità per tutti? di mettere al centro la persona? Le piste ciclabili oltre ad essere molto brevi, mal manutenute, sono per la maggior parte promiscue, parlare di questo sui social è delicato e alimenta l'odio: "arroganti! spesso affiancati". Vero, succede; ma ricordiamoci che un ciclista indisciplinato è anche un guidatore indisciplinato, non esistono distinzioni perché è una questione di educazione e senso civico. Possiamo continuare ad installare dissuasori, autovelox, limiti di velocità, cartelli. Possiamo continuare ad equipaggiare le bici di luci frontali, posteriori, campanello, dashcam. Ma il punto da cui partire sono i controlli, ed in questo il nostro paese è totalmente assente. Pedalando fuori città non ho ricordi di pattuglie che controllano l'utilizzo del telefonino alla guida o del ciclista che passa col semaforo rosso. Il limite a 30 km/h in area urbana qui è realtà, presto lo sarà anche a Bologna, ma chi lo rispetta, chi controlla? guidare un’auto equivale ad avere il controllo su un'arma pronta a far fuoco, il ciclista è un potenziale bersaglio indifeso e impaurito, è incivile pensare che la strada sia solo delle auto. Perché in altri paesi Europei le strade sono più sicure? Perché non è pensabile, con la moderna tecnologia, evitare l'utilizzo del telefonino alla guida? Dobbiamo cambiare abitudini ed imparare ad essere responsabili non solo per noi stessi ma anche per le altre persone, condividere la strada, in bici ci si deve sentire al sicuro, non con la paura di non far rientro a casa.    David Colgan, ciclista e triatleta