In Cina la libertà è un optional

Risponde il condirettore del Carlino, Beppe Boni

Bologna, 31 dicembre 2020 - Mentre uno degli anni più difficili si conclude con molti atti di sostegno, generosità e comunità che si uniscono, vediamo l'opposto in Cina con la prigionia della giornalista  Zhang Zhan. È una dei numerosi giornalisti che hanno riferito, in modo accurato, del virus Wuhan mentre si è diffuso in tutto il mondo fino a diventare la pandemia COVID-19. Molti giornalisti sono accusati o "scomparsi", il che è sicuramente un crimine in sé. Zhang è stata condannata per l'insolito crimine di "litigare e provocare guai". Se questo fosse un crimine ovunque, molte coppie rinchiuse nelle loro case per mesi andrebbero in prigione. Una preoccupazione iniziale è che una legge così imprecisa possa essere usata per imprigionare chiunque. La preoccupazione principale è che questo è l'ennesimo esempio di un governo repressivo che interferisce con il lavoro del giornalista e impedisce la divulgazione delle notizie.  I giornalisti e tutte le professioni dovrebbero essere in grado di svolgere il proprio lavoro in sicurezza e senza paura.

Dennis Fitzgerald, Melbourne (Australia)

 

Risponde il condirettore del Carlino, Beppe Boni Sapete cosa ha fatto di male la giornalista cinese?  Zhang Zhan, 37 anni, cronista arrestata a maggio, aveva fatto ciò che in un Paese libero è normale. Sul suo blog aveva documentato la tragedia di Wuhan, la località dove è esploso il virus. Al termine di un processo durato appena 3 ore è stata condannata a 4 anni di carcere. A febbraio aveva filmato i malati ammassati nelle corsie degli ospedali, aveva denunciato i ritardi delle autorità politiche, aveva dato voce ai commercianti disperati nella città paralizzata dalla quarantena.  Questa è l'ennesima conferma di ciò che sappiamo già. La Cina, colosso con cui tutto il mondo ha rapporti politici ed economici è un Paese  a libertà limitata dove basta una critica al governo per finire in carcere o in un campo di rieducazione.

Va sottolineato per coloro che chiedono di interrompere le relazioni diplomatiche italiane con l'Egitto per i casi  i casi di Giulio Regeni (ucciso) e Patrick George Zaki (incarcerato). Sono due episodi di orrore attribuibili alla polizia segreta egiziana su cui l'Italia non deve chiudere gli occhi. Ma se abbassiamo la serranda con l'Egitto dobbiamo farlo anche con la Cina (dove giocano anche i nostri campioni di calcio) e con chissà quanti altri Paesi al mondo dove le libertà individuali sono un optional. Bisogna chiedere Giustizia, ma i rapporti economici e politici vanno mantenuti. Inevitabile. Certa sinistra però si scandalizza solo con l'Egitto. Sulla Cina, invece, un silenzio assordante.

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