Luna park Firenze

La Voce dei Lettori

Risiedo a pochi chilometri da Firenze, che, tra studio prima e lavoro poi, è la mia sede di vita da trent'anni. La culla del Rinascimento è ormai un luna park che, svuotato di residenti, ma anche di studenti con la delocalizzazione dell'università nei maxi poli in periferia, vive di turismo mordi e fuggi, che va benissimo se non diviene la sola vocazione urbana.

Tranne pochi quartieri storici, come Santo Spirito e San Frediano, il tessuto sociale è praticamente inesistente. Non ci sono parrocchie ma solo chiese da visitare. Non c'è il piccolo commercio, ma solo grandi griffe, bar, gelaterie, ristoranti e tanti minimarket che cambiano gestione ogni pochi mesi. Comprare casa è impossibile, gli affitti sono alle stelle e legati alla domanda turistica. Se godersi mostre e musei è impossibile sempre, anche farsi una semplice passeggiata in centro è un'impresa dieci mesi l'anno. Il turismo di massa smuove tanto denaro ma, la domanda è ovvia: cui prodest? In quali tasche finisce la ricchezza così generata? Di fatto, solo in minor parte va ad imprenditori del luogo.

L'emergenza epidemica svela però il lato debolissimo di questi parchi a tema, incapaci di mantenersi con risorse autoctone, perché manca sia la domanda che l'offerta di beni essenziali, essendo tutto impostato sul superfluo. I sindaci se ne sono accorti, perchè l'azzeramento delle entrate da tassa di soggiorno ha svuotato le casse dei loro enti. Sarebbe bello che questa crisi legittimasse un passo avanti verso la sostenibilità delle città d'arte. Ne godrebbe anche il turista, che oggi non visita più una città con una propria anima, ma si limita a consumarne il logo.

Marco Lombardi